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Come sfruttare i canali social per una formazione efficace

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Il motivo principale per il quale i progetti di formazione in presenza, a distanza o in modalità blended falliscono è la mancanza di coinvolgimento (engagement) dei partecipanti. Un alto livello di engagement è un requisito fondamentale affinché un corso abbia successo. Infatti, solo un partecipante coinvolto e motivato:

  • completa il corso nei tempi previsti
  • supera con ottimi risultati le prove di valutazione
  • mette in pratica quanto appreso
  • parla bene del corso con colleghi e amici.

Dietro questi comportamenti attesi dei nostri partecipanti al corso si nasconde il successo di un progetto di formazione. Un successo tangibile che i nostri stakeholder, interni ed esterni, siano in grado di riconoscere e ricompensare!
Ma l’attesa non deve essere inerte. Se vogliamo che il nostro partecipante compia un certo percorso esperienziale, dobbiamo invitarlo all’azione.

Pensare social

Al di fuori della dimensione one-to-one del coaching, ogni evento formativo è un evento collettivo, sociale e di comunità. Dunque anche se oggi abbiamo di fronte un gruppo ristretto di partecipanti a un corso, dobbiamo pensare social (o pensare in maniera scalare!).

Social learning

Queste poche considerazioni di partenza sono alla base del successo attuale (o della riproposizione in chiave 3.0) del social learning.
Social learning vuol dire: apprendere con gli altri, ma anche attraverso gli altri, e significa oggi sempre di più generare apprendimento dal basso. Queste modalità di interazione nella formazione incontrano in diversi punti le tendenze globali della modalità di consumo dei contenuti nell’era dei social network. Ed è da qui che dobbiamo partire per raggiungere il successo.

La formazione

La formazione è un mercato in crescita, con previsioni di ricavi molto elevati. Si parla di consumer-learning come tendenza crescente nel 2016 proprio a sottolineare il fatto che la fruizione di contenuti formativi è una tendenza di consumo non di nicchia. I canali social sono dunque uno strumento indispensabile per coinvolgere i partecipanti a un corso e gli altri potenziali.

Quali sono i canali social o social network sui quali è più opportuno investire?

Quelli che i tuoi partecipanti già utilizzano.
La strada meno ripida verso il successo è raggiungere i tuoi partecipanti laddove già si trovano, senza doverti sobbarcare l'onere di spingerli all'utilizzo di un social network dedicato. Quindi metti a confronto i dati sull'audience che hai con i trend generali e scegli da quale social network  partire.

Piattaforme social

Ma torniamo a qualche dato di consumo utile.
Ecco la classifica delle piattaforme social più utilizzate in Italia (senza distinzioni di età):

  • Facebook
  • Google+
  • Twitter
  • Instagram.

L'ordine cambia nelle posizioni dalla seconda in poi, se guardiamo a un target di età non considerato adulto (sotto i 18 anni).
Mentre fa il suo ingresso prepotente nella classifica Linkedin, se guardiamo a un target di età compreso tra i 50-64 anni.

Un altro dato importante da considerare è la frequenza di utilizzo. Se vogliamo avere un dialogo costante con i nostri partecipanti (almeno durante il periodo di corso), dobbiamo investire maggiormente nei social network che vengono consultati su base giornaliera: Facebook, Twitter, Instagram.

E dobbiamo anche tener conto del device utilizzato in maniera privilegiata per accedere ai social, per poter ipotizzare delle call-to-action gestibili. Non c'è niente di più frustrante che ricevere una notifica interessante su un dispositivo mobile e non poter prendere parte in pieno all'azione perché la versione mobile del social in questione non consente specifiche attività!

Un buon formatore sa che prima di portare in aula, o sul web, una simulazione, un serious game o un role play occorre mettersi dalla parte del ricevente e ipotizzare gli scenari possibili di fruizione. Le call-to -action sui social network vanno pianificate nello stesso modo, a valle di questo tipo di simulazioni e riflessioni.

Se riuscirai a ottenere una buona pianificazione della comunicazione via social, sarai anche in grado da subito di sfruttare una comunicazione multicanale. Ovvero di utilizzare contemporaneamente più di un social.

Potrai così allo stesso tempo automatizzare un certo numero di notifiche e ottenere il massimo risultato in termini di engagement.

Promemoria

  • Ricordare ai partecipanti le date chiave di un corso
  • Invitarli a completare i progetti
  • Discutere della lezione appena svolta
  • Condividere foto dei momenti salienti
  • Pubblicare classifiche e risultati ottenuti
  • Invitare a votare e raccomandare il corso agli amici

Queste sono solo alcune delle attività che, svolte tramite social network, renderanno il tuo corso di formazione un successo.

Che ne pensi? Raccontaci la tua esperienza!

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Stache: un archivio on line e off line per professionisti del web. E non solo!

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Abbiamo già scritto di Pocket in un precedente articolo: un’ottima app gratuita per salvare e archiviare le pagine web che trattano di argomenti interessanti per il nostro lavoro o le nostre passioni. Pagine che possiamo rileggere quando vogliamo se non abbiamo il tempo di farlo appena le incrociamo nel web. Ma conosci Stache?

Stache: un comodo archivio.

Un’altra app da scaricare su desktop per organizzare il tuo archivio personalizzato di informazioni sparse per il web è Stache.

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Qui puoi salvare le pagine che più ti interessano per ritrovarle con facilità grazie alle varie opzioni offerte dall’app. Ma vediamole nel dettaglio.

Basta un’estensione e tutto diventa più semplice.

Come moltissime app e social network, anche Stache ha una sua estensione per browser.
La consiglio per velocizzare il salvataggio. Ritroverai la tua pagina web nella schermata principale di Stache e la potrai trascinare nella collezione che preferisci (di collezioni e cartelle tratterò di seguito).

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Organizzalo come vuoi!

La schermata principale è molto ordinata e i link salvati ben visibili grazie a un’anteprima della pagina, il titolo e l’indirizzo web.

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Nella parte destra puoi inserire il titolo e la descrizione del link salvato,

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e i tag (che poi compariranno in elenco nella parte sinistra), che ti aiuteranno nella ricerca dei temi.

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Cartelle e collezioni.

Nella parte sinistra trovi, all’inizio, la home di Stache (la schermata principale con tutti i link che hai salvato) e, sotto, la lista di cartelle e collezioni.

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La divisione è semplice:

  • le collezioni contengono i link salvati,
  • le cartelle contengono le collezioni.

Le cartelle sono indispensabili se più collezioni appartengono a un unico argomento. Nell'esempio ho nominato una cartella Facebook e all’interno ho inserito collezioni che trattano di elementi correlati:

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3 modalità di visione.

Dell’anteprima (che puoi ottenere grazie al tasto space del computer o attraverso il menu in alto su bookmark) puoi scegliere tra

  • l’immagine di archivio, su cui i clic ti portano alla pagina web
  • l’immagine di screenshot
  • e l’immagine live, dove clicchi e navighi in diretta nell’anteprima.

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E infine le immancabili condivisioni.

Vuoi far conoscere a un tuo amico una pagina o condividere le informazioni a un collega?
In alto a destra un tasto ti permette di farlo in pochi secondi sui social network (ricorda di collegare gli account a Stache!), su Mail o sulle Note.

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Da sapere.

  • Puoi sincronizzare Stache con iCloud: comodo se hai più di un computer o utilizzi dispositivi mobili.
  • Il costo di Stache è di 4,99 dollari. Comunque ben spesi!
  • L’app è compatibile con Mac OS X 10.9 e versioni successive, 64-bit processor.
  • È in inglese, ma oramai questa lingua universale non è più un limite.

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Per saperne di più, clicca qui!

E tu hai mai provato Stache? Che ne pensi?

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Stache: un archivio on line e off line per professionisti del web. E non solo! - Webhouse.

Pixel, PPI e DPI: breve guida per designer in difficoltà

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Per un giovane designer che decide di intraprendere questa professione, le cose da imparare sono tante e spesso ci si trova davanti a termini e acronimi di cui si conosce solo vagamente il significato. In questa breve guida ci avvicineremo al difficile concetto di risoluzione, capiremo che cos'è un pixel e vedremo cosa significano termini DPI e PPI, quali sono le differenze tra loro e a cosa servono.

DPI e PPI: qual è la differenza

DPI o Dots Per Inch (punti per pollice) è una misura che si utilizza nella stampa per definire la densità di punti stampati da una stampante su una linea lunga un pollice (2,54 cm).

A parità di dimensione stampata, maggiore è il numero di punti per pollice, più è alta la risoluzione e nitida l'immagine.

I DPI si riferiscono sempre a una densità "fisica" dei punti, rappresentano materialmente il numero di gocce d'inchiostro che la stampante può mettere in un pollice.

Per questo motivo per un'immagine digitale memorizzata in un computer, non si può parlare di DPI ma di PPI o Pixels Per Inch (pixel per pollice).

Il principio è lo stesso: rappresenta la densità di pixel che lo schermo mostra in un pollice.

I primi computer avevano un PPI pari a 72, oggi le cose sono un po' cambiate: un iPhone 6 Plus con Retina Display ha un PPI pari a 401.

Retina Display

Se ti sei sempre chiesto cosa significa Retina Display senza mai approfondire la questione, questo è un sistema utilizzato da Apple e introdotto a partire dall'iPhone 4, che raggiunge valori più alti di PPI, tale da permettere agli schermi elettronici di rivaleggiare con la qualità del testo e delle immagini stampate su carta.

È stato chiamato Retina Display perché il PPI del dispositivo è così elevato che la retina umana non è in grado di distinguere i pixel sullo schermo.

Tecnicamente, un Retina Display mostra il doppio dei pixel in altezza e la larghezza nella stessa identica dimensione fisica.

L'iPhone 3GS era 3,5 pollici di diagonale con un numero di pixel di 480x320px e 163ppi.
Mentre l'iPhone 4 era 3,5 pollici di diagonale con un numero pixel di 960x640px e 326ppi.

Quindi esattamente il doppio. Apple chiama questa modalità HiDPI.

Gli elementi visualizzati su uno schermo Retina sono della stessa dimensione fisica, ma presentano il doppio dei pixel e risultano per questo motivo più nitidi.

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Risoluzione, pixel e dimensione fisica

Il pixel non ha una dimensione fisica, è l’unità minima gestibile dal computer sul monitor.

Prendiamo un'immagine digitale: questa è formata da un numero di pixel, ovvero da tanti piccoli quadrati che contengono un insieme di "dati" cromatici e informazioni relative all’immagine.

Maggiore sarà il numero di pixel e maggiore sarà la quantità di informazioni che potremo sfruttare per stampare l'immagine.

Se moltiplichiamo il numero dei pixel dei due lati dell'immagine otterremo il numero complessivo di pixel presenti nell’immagine.


Nel nostro caso 960x633 = 697.680 pixels

Il numero di pixel di cui è composta l’immagine vincolerà le dimensioni fisiche dell'immagine: vediamo infatti che per una risoluzione di 300 pixel/pollice le dimensioni dell'immagine saranno di 8,13x5,36 cm.

Se decidessimo di ingrandire l'immagine a 20x13,19 cm, il numero di pixel rimarrebbe sempre lo stesso, di conseguenza avremo un numero inferiore di pixel per pollice, una risoluzione di 121,92 pixel/pollice.

Poiché il numero dei pixel costituisce anche il "dettaglio" dell’immagine, ne risulterà una qualità inferiore dell'immagine.
risoluzione immagine

Su Photoshop è possibile mantenere la stessa risoluzione, quindi lo stesso numero di pixel selezionando Ricampiona Immagine.

ricampionamento

Come possiamo vedere dall'immagine, in questo caso il numero di pixel totali dell'immagine aumenta 2362x1558 = 3.679.996 pixels.

Questo, però, non garantisce che avremo una qualità dell'immagine migliore. Infatti, in caso di ingrandimento delle dimensioni fisiche dell'immagine, upsampling, Photoshop esegue il ricampionamento usando un metodo di interpolazione per assegnare i valori cromatici ai nuovi pixel sulla base dei valori cromatici dei pixel esistenti. In caso di riduzione, downsampling elimina delle informazioni dall’immagine.

Come preparare un file per la stampa

Nonostante i valori coincidano, tra DPI e PPI non esiste nessuna corrispondenza. Per rendere il colore di un singolo pixel, infatti, la stampante può utilizzare fino a 4 punti per i 4 colori di inchiostro. Per questo si generano facilmente degli equivoci.

Per ovviare a questa confusione ti basta ricordare che generalmente per una stampa di alta qualità, ad esempio per una pagina formato A4 stampata su una rivista, si richiede una densità di 300 dpi, ovvero un file di 2480x3508 pixel con risoluzione pari 300 ppi. Per stampe di grandi dimensioni che vengono viste da una distanza superiore a un metro, la risoluzione può essere dimezzata e per stampe di cartelloni pubblicitari che sono visti da oltre 3 metri, si può scendere sotto i 100.

 

Qualche informazione da aggiungere? Ti aspettiamo nei commenti!

Pixel, PPI e DPI: breve guida per designer in difficoltà - Webhouse.

Spunti di Self Brand: investire su se stessi come chiave del successo

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keep-calm-and-be-yourself

Self : sé + brand: marchio = Selfbrand, ovvero, brandizzazione di se stessi.

Chi lavora nel mondo del web sa bene quanto sia importante quel particolare aspetto che riguarda la costruzione del sé. Una questione che va di pari passo con la crescita e affermazione delle proprie competenze professionali e personali reali, unite alla capacità di saperle comunicare efficacemente agli altri attraverso, chiamiamole così, le proprie finestre sul mondo digitale - ovvero i vari siti e/o blog, e gli account social.
In generale sarebbe opportuno, non solo per chi lavora nel web, avere una prospettiva chiara rispetto a tutto quello che concerne la propria presenza online; ne vale poi della reputazione, ovvero l'idea che gli altri hanno di noi. E questo dipende unicamente dal modo in cui noi comunichiamo.
A proposito... hai mai provato a digitare, magari in navigazione anonima, il tuo nome e cognome su Google?

[caption id="attachment_33544" align="aligncenter" width="291"]Surprised-Face-Josh-Engroff Questa è probabilmente la faccia che farebbero molti bambini se provassero a digitare il loro nome, o quello dei genitori, sul web![/caption]

Investire su se stessi.

Forse il miglior modo di affrontare i vari aspetti della vita. E per “aspetti della vita” non intendo solo le relazioni sociali, di qualsiasi entità, ma anche il modo con cui andiamo ad affrontare le varie opportunità o ostacoli che troviamo nel nostro cammino. L’investimento su di sé è fondamentale anche per il lavoro, che, lo si voglia o meno, è una parte molto importante della nostra vita e che spesso e volentieri ci porta via un sacco di tempo. È una questione di scelte. Investire su se stessi vuol dire cercare di ascoltare i propri bisogni, coltivare gli interessi, andare incontro ai propri desideri. Cercare di realizzarli, questi sogni, e non pensare che è una cosa da bambini crederci.

Come possiamo quindi andare incontro a tutti questi nostri bisogni e desideri, che spesso vogliamo scacciare dalla nostra mente, continuando a ripeterci che sì, va tutto bene? Come andare a costruire in maniera efficace il proprio io e come comunicarlo in modo coerente agli altri, al fine di raggiungere i nostri personali obiettivi professionali e personali?

In una parola Self Brand.

In questo post cercherò di approfondire perlopiù l'aspetto del marketing ma, la tematica del sé, potrebbe spaziare dalla letteratura alla filosofia, dalla storia dell’arte alla sociologia e via dicendo.
Approfondirò il Self Brand argomentandone i vari aspetti, perché penso che le dritte che ti darò potranno essere utili per raggiungere il successo che ti sei immaginato, l'obiettivo che ti sei prefissato per la tua vita.

Come forse avrai già capito, questo non è un argomento a cerchio chiuso o solo per gli addetti ai lavori digitali: il Self Brand riguarda chiunque sia interessato a raggiungere i propri obiettivi nella vita reale e voglia quindi riuscire a far sì che la propria comunicazione sia coerente ed efficace con il resto del mondo.
Non è una formula magica, bensì una questione d’impegno.

Punto Primo: guardati allo specchio!

Cosa vedi?
È davvero quello che vorresti vedere?

Ti senti davvero rappresentato dalla tua immagine riflessa?
C’è coerenza tra quello che pensi e quello che vedi... e quello che poi percepiscono gli altri di te?
No? Okay! La prima cosa da fare è iniziare a non curarti degli altri, perlomeno in questa fase, ma concentrarti su di te. Inizia a scrivere su un foglio cosa ti piace di te e cosa vorresti migliorare perché proprio no, non ti piace. Non buttarlo via quel foglio, ma conservalo. Ti servirà più tardi.

Sembrerà scontato, ma il primo passo per avere successo nella vita è piacersi. Potrei anche dire accettarsi per quelli che si è, ma ha un suono che mi puzza troppo di “resa”. Non è facile credere in se stessi, ma se non sei il primo a credere nelle tue capacità, ad essere soddisfatto di quello che sei, non riuscirai mai a convincere nessun altro. Probabilmente non riuscirai a farti capire da tante persone e a te questo non interessa, ma se vuoi vendere qualcosa, fare business, qualsiasi esso sia, devi credere in te stesso per poter avere successo. Devi imparare a saper trasmettere professionalità, competenza, fiducia.
Devi, a tuo modo, riuscire a convincere il tuo potenziale cliente che tu sei il migliore, o magari no, non sei il migliore, però hai delle personali caratteristiche che riescono a trasmettere più fiducia, empatia, magari simpatia o serietà, rispetto a un altro concorrente qualsiasi.

Punto secondo: dopo esserti fatto un bell’esame di coscienza è arrivato il momento di pensare a come ti vedono gli altri.

Rivolgi a un gruppo ristretto di tuoi amici e conoscenti un po’ di domande su di te, del tipo:
Quali pensi siano i miei punti deboli?
Quali pensi siano le mie qualità?
Come potrei migliorare?
Come giudicheresti il mio aspetto estetico nel complesso?
Com'è il mio modo di parlare e il suono della mia voce?

Riprendi il foglio di prima - non l'hai perso vero? - e confronta le risposte delle due versioni, la tua versione e quella dei tuoi amici e conoscenti.
Se le due versioni non coincidono in diversi punti, vuol dire che devi andare a perfezionare il tuo modo di comunicare con gli altri. Si tratta di rendere efficace la tua comunicazione e renderla coerente: quello che sei e quello che gli altri percepiscono di te. È importante migliorare il cosiddetto comportamento assertivo e rendere più efficaci quei due aspetti fondamentali della comunicazione interpersonale:
a. l’aspetto verbale - conscio, che riesci a gestire in modo più o meno consapevole, ovvero la capacità di parlare
b. l’aspetto non verbale - inconscio, come dei gesti, tic, il modo in cui inarchi il sopracciglio, sbatti le ciglia, incroci le braccia o le gambe e via dicendo.

[caption id="attachment_33543" align="aligncenter" width="500"]David-Bowie-allo-specchio Anche David Bowie nell'arco della sua fantastica carriera ha lavorato molto sulla costruzione del sé: ha interpretato vari personaggi ed è sempre riuscito ad arrivare, emozionare e coinvolgere il suo pubblico. L'ultimo suo lavoro, Black Star, ha lasciato il mondo di stucco, mentre lui se ne era già andato.[/caption]

Punto terzo: ora che tutto dovrebbe essere più chiaro inizia a progettare

Per ottenere un buon risultato c’è sempre bisogno di un attento lavoro di progettazione alle spalle.
Progettare se stessi sta alla base del Self Brand.
Come faresti per rendere credibile e comunicare in modo efficace un tuo marchio, un tuo progetto, una tua idea? In questo caso si tratta di puntare in primis sulla propria persona. Questo principio può valere per tutti i liberi professionisti, startupper, nuovi imprenditori che non solo bazzicano, per così dire, nell’ambito dei nuovi mestieri digitali, ma anche per quelle persone che di lavoro hanno un impiego tradizionale.

Inizia a scrivere:
a. Quale potrebbe essere il tuo target di clienti,
ovvero chi potrebbe essere interessato a quello che fai? Appuntati le varie fasce di età, i loro interessi e passioni, il livello di istruzione, immaginati il loro volto.
b. Qual è il tuo mercato di riferimento? Pensi che possa essere locale, nazionale, internazionale?
c. In quale modo vuoi comunicare a queste persone e con quali mezzi?
d.
Ultimo, ma non ultimo punto: qual è il tuo obiettivo?

Una volta che avrai affrontato tutti i punti descritti fino a questo momento, potrai dire di avere in mano una strategia sufficientemente chiara per ritenerti pronto a poter andare a colpire i tuoi potenziali clienti e convertirli in tuoi fan e magari, con un altro po’ di lavoro mirato, in clienti veri e propri.

Punto quattro: l’importanza di saper comunicare online.

Una volta che hai progettato la tua strategia, procedi gradualmente per step nella realizzazione del tuo Self Brand.
Non starò qui ad approfondire la parte tradizionale che riguarda la comunicazione di se stessi, che prevede sicuramente la creazione di un logo, uno slogan, un biglietto da visita e relativa progettazione di tutta l'immagine coordinata, ma farò riferimento soprattutto al modo giusto per iniziare a comunicare efficacemente il tuo brand personale online.
Partendo dalla base:

a. Procurati una foto professionale.

b. Inizia col fare una lista di social che secondo te potrebbero fare al caso tuo tra i tanti, prendendo in esame le risposte alle domande del punto c della sezione precedente: pensa a Linkedin, Facebook, Twitter, Pinterest, Instagram, You Tube, Google plus, Tumbrl e così via. La scelta dipenderà da cosa vuoi fare e a chi ti rivolgi. Fai un’analisi dei tuoi clienti target, dei contenuti e del pubblico di ogni social, e informati in giro per il web se ce ne sono altri che tu proprio non conoscevi. Per cercare di rendere la tua pagina e/o profilo migliore, ispirati ad alcuni casi di successo e ai migliori colleghi/competitor. Ispirati alle loro best practice, ma non copiarli. Solo tu hai quelle caratteristiche che ti rendono speciale e diverso da qualsiasi altra persona e competitor.
Pensa anche a quali contenuti vorrai condividere con il pubblico là fuori e con quale cadenza. Cerca di definire il tuo personale tone of voice che sia efficace per l’obiettivo che ti sei prefissato di raggiungere e quindi coerente con la tua persona e quello che il tuo pubblico potenziale si aspetta da te.

I social non bastano! Unisci la tua strategia social a una presenza online efficace. Questa non è una regola e dipenderà unicamente dal tipo di business e attività specifica che vorrai andare a svolgere, ma, in linea di massima, più la tua presenza online è coerente ed efficace, meglio è.

Crea un tuo sito personale e iscriviti ai vari portali e piattaforme online dedicati al tuo settore, partecipa ai forum di discussione. Sicuramente sul web troverai qualcosa che fa al caso tuo. Se invece non esistono, potresti sempre pensare di aprirlo uno tu, no? Pensa inoltre a scrivere un blog, magari in una sezione del tuo sito personale.

c. Presta più attenzione alla tua presenza e reputazione online.
Controlla i contenuti che parlano di te sul web. Se ci sono delle immagini che non ti piacciono, sulle tue pagine online o quelle di altri, o che pensi non rendano efficace il tuo progetto di Self Brand ai fini della creazione di un tuo business, fai in modo che le persone non possano vederle. Reimposta, ad esempio, nel caso di alcuni social, la tua privacy: rendi le foto che reputi non adatte non visibili dal diario e programma i post a un cerchio personalizzato di persone (questo ad esempio per il caso di Facebook o di Google+); elimina tuoi progetti datati che avevi messo online tempo fa ma che adesso non ti rappresentano più.
Se hai persone che ti seguono, ed è questo che vuoi, queste ti commenteranno e magari scriveranno recensioni, o parleranno di te sui loro canali. Se miri a raggiungere il tuo obiettivo devi cercare di monitorare tutte queste chiacchiere online. Tratta in maniera adeguata tutti i commenti e le recensioni che ti arriveranno. Importante è non essere mai scortese, una regola è cercare di rispondere a tutti. Anche se qualcuno ti criticherà - e per fortuna non possiamo piacere a tutti - dobbiamo ascoltare la critica, metabolizzare, aspettare qualche secondo (non essere mai impulsivo nella risposta se qualcuno ti critica!) e rispondere in maniera adeguata. Dalle critiche imparerai a migliorarti, ma non solo. Nuovi utenti arrivati inavvertitamente sul tuo sito o su un tuo account social, vedranno che sei non solo professionale ed educato, ma soprattutto interessato a curare le relazioni con i tuoi utenti o clienti perché la loro soddisfazione ti sta davvero a cuore.

d. Monitora e analizza i tuoi risultati.
Ci sono? Ti stai avvicinando al tuo obiettivo o lo hai raggiunto nel tempo da te precedentemente stabilito? Bene, mi sa proprio che sei sulla strada giusta!
… ah no. Non vedi nessun cambiamento positivo? Calma piatta, ma ti sembra di aver messo in pratica correttamente tutti i punti che abbiamo analizzato fino ad ora?
Non ci siamo. Sicuramente non hai affrontato bene alcuni punti della strategia o questa non è stata abbastanza efficace come pensavi. Beh, allora, se vuoi avere successo, dovrai iniziare di nuovo a progettare il tuo Self Brand.
Indovina come? Ripartendo proprio da te stesso. Non darti mai per vinto: ricordati che per avere successo devi essere il primo promotore di te stesso.

Se vuoi approfondire l'argomento ti consiglio questa lettura:
Donatella Rampado, SelfBrand l'evoluzione. Fate di voi stessi un autentico Brand!, Franco Angeli 2008.

 

Spunti di Self Brand: investire su se stessi come chiave del successo - Webhouse.

Il Digitale che smuove le masse (e le menti) italiane

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Digital Transformation Everywhere- by Futurist Speaker

Ho iniziato a pensare alla stesura di questo post solo dopo aver avuto il piacere di partecipare ad alcuni eventi nazionali sul tema dell’innovazione e del digitale. Occasioni imperdibili per gli addetti ai lavori, ma opportunamente pensati anche per gli appassionati e cultori dell’argomento, o semplicemente per i più curiosi e intraprendenti.
Precisamente sto parlando di:

  •  Digitalic X, presso gli Studi RAI di via Mecenate a Milano, evento ufficiale del famoso magazine italiano che dal 2011 si occupa di tecnologia, design e innovazione a 360°. Quest’anno l’evento era dedicato alla Design Innovation e vantava molti ospiti d’eccezione, sia italiani che stranieri, tra i quali Chiara Maci, apprezzatissima Foodblogger; Gianluca Dettori, Venture Capitalist;  Marco Lodola, Artista; Paolo Ciotti, Marketing Manager di HP Italia;  Fabia Timaco, giovanissima Storyteller. Se ti sei perso lo streaming in diretta è possibile vedere il video completo del Digitalic X 2016 qui.
  •  SMAU, alla Fortezza da Basso di Firenze, la principale fiera italiana itinerante dedicata all' Information & Communications Technology che segue le imprese e i professionisti italiani nel loro processo di innovazione dal 1964.
    50 workshop gratuiti in due giorni di evento, suddivisi per macro-argomenti in 6 aree dedicate. Grande affluenza di persone, professionisti, imprenditori in quello che è ormai un evento affermato, da seguire per le varie città italiane dove fa tappa ogni anno.
  • Web Marketing Festival, al Palacongressi di Rimini, il più grande evento di web marketing d’Europa che quest’anno, alla sua 4^ edizione, presentava dei numeri da capogiro:
    26 sale
    160 relatoriworking
    38000 mq di networking
    Il Web Marketing Festival è stato un successo, per un totale di:
    4000 presenze
    28000 tweet durante il festival
    + 800 contenuti blog, quotidiani, radio
    4milioni utenti raggiunti
    + 80 sponsor e stand

[caption id="attachment_33778" align="aligncenter" width="1024"]eventi digitali italiani - DigitalicX- Smau- Wmf Digitalic X negli studi Rai di via Mecenate a Milano - SMAU alla Fortezza da Basso di Firenze - Web Marketing Festival al Palacongressi di Rimini[/caption]

Wow! Capite bene che dopo queste esperienze così ravvicinate e di tale portata, sia cresciuto in me il bisogno di tracciare una linea di connessione tra di esse. E qual è il filo conduttore del successo e del senso di questi tipi di eventi? Le persone, semplice. Non che non sapessi che questo mondo è costellato dalle più disparate figure professionali e da altrettanti internet & innovation addicted.

Ma vedere, sentire, interagire con tutta questa gente intorno a me, persone accorse dalle più disparate parti d’Italia, solo per ascoltare i propri beniamini del web, fare network con altri professionisti, scoprire nuove idee, tecniche, strategie, strumenti, per migliorare le proprie conoscenze e/o il proprio business, mi ha fatto riflettere e sperare. In positivo. Perché l’innovazione, a pensarci bene, va a influire direttamente e nettamente sull’economia di un paese.

Se si parla di digitale si sta facendo riferimento anche all'innovazione e allo sviluppo economico di un territorio. E chi può mettere in atto questo cambiamento se non le persone?

Per le strade italiane invece capita spesso di sentire parole come “ci sono stati periodi in cui ce la passavamo meglio” – ma anche molto peggio – “non c’è futuro per i giovani”, rispetto a parole come speranza o positività. Ho deciso pertanto di stendere un pensiero positivo su tutta questa massa di persone. Italiani, molti dei quali giovani, che per un motivo o per un altro si occupano di digitale, di web, di innovazione e che hanno avuto la spinta di sfidare le alte temperature con ore e ore di viaggio al fine di radunarsi finalmente insieme con un obiettivo comune: quello di tornare a casa cresciuti, migliori, con un po’ di cultura in più e pensieri positivi sparsi. Una grande community reale.

A dirla tutta mi sono sentita anche un po’ in un episodio mai girato – probabilmente - intitolato “Fuga di NERD” =). Pensate ad esempio che solo al WMF di quest’anno erano presenti al Palacongressi di Rimini 3000 persone – le altre 1000 avranno la possibilità di ascoltare tutti gli interventi del #wmf16 direttamente a casa, con tanto di video e slide!

Partecipare a eventi come questi permette di avere una sorta di illuminazione: non solo celebrale, la famosa lampadina che si accende, ma anche visiva. Passeggiando tra i corridoi e le sale ti potresti ritrovare davanti agli occhi proprio quella persona che…eppure ti sembra di conoscerla! Certo che la conosci, ma solo attraverso i social media o magari tramite il webinar che hai seguito mesi fa, perché sei assiduo lettore del suo blog o frequentatore del suo profilo Instagram. E quando tutte queste persone, connesse tra loro con parole, immagini, contenuti digitali riescono ad uscire dallo schermo, incontrarsi nella vita reale…sembra quasi irreale. Tutto pare come uno specchio, dove non si capisce più qual è il lato reale e quello riflesso.

Ma veniamo al dunque: Digitale.

Si sente sempre più spesso ripetere questa parola, quasi sempre affiancata all’innovazione, quindi al web, di conseguenza al marketing. Ma cosa vuol dire esattamente digitale?

Digitale - dal Dizionario Garzanti: pl. –i attinente ai numeri, numerico; in particolare si dice di apparecchiatura che trasforma informazioni (testi, immagini, suoni ecc.) in sequenze numeriche e le elabora o le gestisce in questo formato; si dice anche dell’informazione così trattata; si contrappone ad analogico: fotocamera digitale; linea telefonica digitale; un filmato in (formato) digitale; una foto digitale |orologio digitale, tipo di orologio in cui l’ora e le altre funzioni, anziché essere indicate dalle lancette, si leggono direttamente in cifre.

Quando parliamo di digitale, quindi, stiamo sostanzialmente parlando di numeri. Numeri elaborati che diventano tutto quello che ormai siamo abituati a vedere e sentire ogni giorno tramite gli schermi dei nostri dispositivi. Non si tratta solo di abitudine ma, che ci piaccia o no, in psicologia si parla già di dipendenza da smartphone o da social network.

Che sia per lavoro, per hobby, per narcisismo, per “mi piace farmi gli affari degli altri”, per riempirsi gli occhi di immagini pazzesche o confonderci le idee, più che schiarircele, a forza di leggere post su post sui vari magazine online, la verità è che non possiamo fare a meno dei nostri dispositivi e della connessione internet.

Oramai i nostri occhi si stanno abituando alla luce dei nostri smartphone, dei nostri pc, allo schermo della nostra macchina fotografica digitale, del nostro nuovo lettore di e-book.
Si può dire che tutto il nostro mondo è illuminato da una nuova luce digitale.

Secondo le statistiche di We Are Social sono 3.4019 miliardi le persone che si connettono a Internet in tutto il mondo. E come si comportano gli italiani con il digitale?

[caption id="attachment_33773" align="aligncenter" width="915"]Utilizzo di Internet in Italia Utilizzo di Internet in Italia, dati di We Are Social, 2016.[/caption]

Ormai anche molti dei nonni della Millennial Generation, quella fetta di popolazione nata tra gli anni 80 e i 2000, almeno una volta in un anno avranno avuto la necessità di spulciare tra le infinite pagine del web.

Rispetto al 2015, i dati a Gennaio 2016 riportano che:

  • +10% il numero di utenti totali che si connettono
  • + 5% si connette da mobile
  • 79% degli utenti attivi accedono ad Internet ogni giorno
  • 5% dichiara di connettersi almeno una volta al mese

Da quali dispositivi si connettono gli italiani? Si può dire ormai che qualsiasi persona, o quasi, abbia a propria disposizione almeno uno strumento digitale. La tendenza è quella di utilizzare i dispositivi in maniera combinata o cross-device: reperire informazioni iniziando a casa da un pc, continuare su uno smartphone una volta usciti, acquistare poi quel prodotto dal tablet di un’amica.

[caption id="attachment_33774" align="aligncenter" width="915"]Dispositivi Digitali utilizzati dagli italiani I dispositivi utilizzati dagli italiani, dati We Are Social, 2016.[/caption]

Eppure la realtà di Internet in Italia è piuttosto giovane: arriva per la prima volta nel nostro Paese esattamente il 30 aprile del 1986 e, se te la cavi in matematica, avrai già capito che proprio quest’anno Internet ha compiuto trent’anni. Al tempo si chiamava Arpanet - Advanced Research Projects Agency Network - ed era accessibile solo a pochi addetti ai lavori: era il tempo del web 1.0.

Il primo collegamento Internet della storia italiana è stato stabilito con la Pennsylvania dal CNUCE di Pisa, da un team di ingegneri ricercatori tra cui Stefano Trumpy, Antonio Blasco Bonito, Luciano Lenzini, Marco Sommani. Buona parte di questi livornesi e studenti della prestigiosa Università pisana. L’Italia quindi era un paese piuttosto avanzato per quanto riguarda la ricerca… cervelli in fuga tornate in Italia!

L'Italia sempre più digital

Anche se l’Italia ha spesso la tendenza a essere un passo indietro rispetto ai vicini di casa europei in fatto di digitale, qualcosa sta lentamente cambiando. Anche le pmi, che fanno il 95% delle imprese totali del nostro paese, stanno iniziando a capire l’importanza di una presenza efficace sul web (non hai fretta vero? Meglio tardi che mai!).

Le imprese e le Istituzioni si stanno pian piano svegliando e contemporaneamente stanno nascendo nuovi mestieri digitali. Non a caso tra i programmi mirati allo sviluppo dell’economia e della cultura digitale, in programma con l’Agenda Digitale Europea, nasce l’Agenda Digitale Italiana nel 2014, che entro il 2020 si pone come obiettivo l’innovazione e il miglioramento economico del paese, nonché la diffusione della banda larga. Così come nasce, finalmente, una lista ufficiale delle nuove figure professionali che potrete trovare qui. 

Non è tutto positivo però. Insieme alla diffusione di digitale e tecnologia, si sta facendo strada nella società una sorta di egocentrismo di massa, un nuovo narcisismo - che è sempre esistito, ma che ora si fa più pungente, alienante, pericoloso.

Digital Addiction
Internet segna il confine tra era pre-digitale ed era digitale. Mi piace immaginarlo come un giovane in carne e ossa, seppur maturo e tendenzialmente cosciente, che ha avuto un’influenza davvero decisiva nel modo di comunicare, di vivere le relazioni, di fruire delle informazioni delle masse. Il web ha influenzato la vita delle persone indipendentemente dall’ambito e dall’uso che poi queste ne facciano.

Sta a noi decidere, anche a voi cari lettori, come utilizzare questo potente strumento di connessione e se fare parte di questa evoluzione digitale in atto. A questo punto non mi resta che ricordarvi che uno dei mantra del World Wilde Web, adesso nell’era 4.0, è questo: sharing is caring! ;)

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Il Digitale che smuove le masse (e le menti) italiane - Webhouse.

Telegramma dal Web Marketing Festival di Rimini: 3 Importanti Trend emersi

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Il Web Marketing Festival 2016 è terminato da poche settimane ma marketer, imprenditori e aziende sono già al lavoro per mettere in pratica i migliori spunti e le idee nate in occasione dell’evento.

Ecco allora 3 trend generali emersi da molti interventi, a cui prestare particolare attenzione durante la definizione della propria strategia di marketing del prossimo anno o già al rientro dalle vacanze.

1 # Marketing Automation – Automatizza le comunicazioni e nutri i contatti

Gestire la comunicazione con i propri contatti commerciali in maniera nuova tramite l’invio automatico di messaggi sempre più personalizzati sulla base delle azioni, comportamenti e profili degli utenti, con il fine di ottimizzare i ricavi dell’azienda.

Strumento principe per mettere in pratica questa strategia di marketing è l’email. Nell’organizzazione dell’invio di email bisognerebbe mirare a una segmentazione dei database sempre più accurata e profonda, combinata con la progettazione e creazione più o meno complessa di flussi di comunicazioni automatiche per comunicare in modo più mirato ed efficace.

Esempi di obiettivi più specifici a cui può essere applicata la email automation? Il recupero dei carrelli abbandonati o attività di up-selling per chi ha un e-commerce, l’attivazione dei contatti “dormienti” all’interno del proprio database o il coinvolgimento di quelli più attivi, il lead nurturing per trasformare la lunga lista di iscritti ancora non pronti per un acquisto (i cosiddetti prospects) in veri e propri clienti.

Insomma parlare in modo giusto, nei tempi giusti, alla persona giusta per una comunicazione che si sta spostando da un approccio sempre più BtB o BtC a Business to Personas.

Strumenti per metterla in atto? Da diversi software free fino alle piattaforme più affermate come Mail up, che ha lanciato da non molto una versione Beta della sezione dedicata alla creazione dei workflow.

Come in ogni campagna di advertising sul web, il segreto di una campagna automation di successo sembra essere il mix tra competenze tecniche nell’uso degli strumenti e la creatività nella progettazione dei flussi di email, sulla base delle caratteristiche del business e dell’azienda di riferimento.

Ah... e non dimenticare un consistente numero di contatti su cui svolgere l’attività! Programmare una campagna di email automation su 1000 leads probabilmente darà pochi frutti.

2 # CRO ( Conversion Rate Optimization )– Ottimizza la struttura di siti e campagne

Tra aziende, agenzie, tool e software negli ultimi anni i player operanti nel settore dell’advertising e del web sono più che raddoppiati.

Ciò ha portato inevitabilmente a una concorrenza più aspra e a un aumento dei costi per accaparrarsi la presenza nei canali e negli spazi di advertising.

Per raggiungere i propri obiettivi di business e ottenere risultati, senza aumentare esponenzialmente la spesa in adv, è necessaria una continua opera di ottimizzazione dei propri canali e della propria presenza sul web.

Questa esigenza ha portato la CRO (Conversion Rate Optimization) a diventare un’attività ormai specifica che sta facendo nascere sul mercato anche nuovi profili professionali specializzati.

Definizione chiara degli obiettivi per siti e campagne, ab testing continuo, focus sulla user experience, utilizzo di tool specifici (uno fra tutti Hotjar), studio e analisi dei risultati e attitudine alla sperimentazione sono i diktat da seguire per ottenere il massimo dai propri canali e massimizzare gli investimenti.

Non porsi, ad esempio, il problema di come gli utenti interagiscono sul sito, non capire quali sono le informazioni di cui sono alla ricerca e non intuire i contenuti che apprezzerebbero di più potrebbero rivelarsi errori cari da pagare. Pensiamo a tutte quelle piccole e medie aziende che ritengono di aver risolto tutti i loro problemi di comunicazione di un prodotto o servizio con il semplice lancio di un sito, che rimane uguale e fermo nel tempo.

Insomma severo ma giusto… andare e ottimizzare!

3 # Social per vendere – Rivaluta il ruolo dei social nel percorso di acquisto

Tema ormai da tempo fonte di grandi dibattiti: i social vendono oppure no?

Non c’è alcun dubbio che i social, Facebook in primis, siano un potente strumento per fare branding e per sviluppare awareness.

C’è chi però ha sempre avuto più di un dubbio se fosse uno strumento adatto alla vendita e spesso lo ha considerato al massimo uno strumento di supporto a essa. Probabilmente qualunque store manager ha più volte riscontrato che il traffico proveniente da Facebook, organico e a pagamento, ha una scarsa propensione all’acquisto snobbando di conseguenza gli investimenti diretti sul canale.

Tempo di ricredersi! Facebook oggi è presente nel percorso di acquisto grazie soprattutto a un pannello e un programma di ADV sempre più completo, come ad esempio il retargeting dinamico, ampie possibilità di integrazione con AdWords, con le piattaforme e-commerce e con le piattaforme di email marketing.

Non sottovalutare quindi il ruolo dei Social, e di Facebook in particolare, nella Customer Journey di un acquisto online. Doveroso integrarlo sempre di più all’interno del marketing mix in maniera più incisiva e orientata alla vendita.

Hai partecipato anche tu al Web Marketing Festival 2016? Se sì, quali sono stati secondo te i temi più dibattuti e i trend per il prossimo anno? Lascia un commento per discuterne insieme, magari anche con Cosmano, Giorgio, Andrea.

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Social Media Strategies torna a Rimini il 3 e il 4 novembre!

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social media strategies

Social media appassionato eo professionista!

Ehi, sto parlando a te! Sì, perché torna l’evento più social e più strategico dell’anno.
Gli organizzatori del Social Media Strategies ti aspettano il 3 e il 4 novembre al Palacongressi di Rimini, con 10 sale tematiche e un’area espositiva dedicata agli operatori del settore.

La formazione adatta a te.

Strategie di comunicazione e advertising, strumenti di analisi e monitoraggio, casi di successo e trend del momento: una formazione che Search On Media Group, l’azienda che organizza l’evento, ha scelto per adattarsi alle esigenze di privati e aziende.
Ah, dimenticavo: acquistando il biglietto per partecipare a Social Media Strategies avrai compresi nel prezzo le video registrazioni, le slide dei relatori, le discussioni private e l’attestato.

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Chi sono i protagonisti?

Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, LinkedIn, Snapchat, Telegram, Pinterest…
Ah, già, ci saranno anche relatori nazionali e internazionali, che parleranno di Social Adv, Social Video Marketing, Case Study e altre novità del mondo dei social media.
Gli interventi operativi e strategici saranno divisi per livello base e avanzato, e la formazione è personalizzabile: potrai scegliere, infatti, i temi che più ti interessano e crearti un programma strutturato su ciò che vuoi conoscere e approfondire.

Pensavi fosse finita qui?

Eh no! Oltre alla formazione ci saranno interessanti momenti di networking con alcune tra le più importanti aziende del settore.
Vuoi più informazioni? Cliccate qui!
Altrimenti puoi contattarci a info@social-media-strategies.it per informazioni generali, sponsorship e stand, e a press@social-media-strategies.it per ufficio stampa, collaborazioni e accordi istituzionali.

Ti aspettiamo al Palacongressi di Rimini il 3 e il 4 novembre 2016: i posti sono limitati, affrettati a prenotare il tuo!

P.S.
Non dimenticare il nostro hashtag: #SMStrategies!

Social Media Strategies torna a Rimini il 3 e il 4 novembre! - Webhouse.

MyActivity di Google: questione di privacy.

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Google e privacy: un binomio quasi perfetto.

Giunta a un punto cruciale della mia vita -il mio lavoro nel web - mi sono data da fare per aumentare al massimo - entro il limite delle mie capacità - la tutela della mia privacy.
Mi sono informata nel web, ho letto diversi articoli, e poi mi imbatto in “Privacy sui social: come tutelarla e di cosa DEVI avere PAURA”, un video-post del mitico Rudy Bandiera.

Innanzitutto è interessante la definizione di privacy che ci dà l'autore:

“Privacy non è diritto al segreto, […] è il diritto di sapere come vengono gestiti i vostri dati, da chi vengono gestiti e di poter scegliere come vengono gestiti. Ed è il diritto di sapere che nessuno può accedere ai vostri dati se non glieli date voi.”

E poi cita MyActivity di Google.

Che?!
Mai sentita nominare. Ok, colpa mia e dei miei limiti (benedetta ignoranza).
Dunque, per colmare le mie lacune, ho digitato - nella barra di ricerca di Google - quella parola e… si è aperto un mondo. Il mio.

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Cosa posso controllare - o meglio, cosa Google può controllare - con “Le mie attività”?

Questo:

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Di seguito, il motore di ricerca mi invita a verificare o modificare le impostazioni per la privacy nel pannello di controllo. Clicco su "visualizza" e…

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Quando mi danno il benvenuto chissà perché qualcosa mi puzza. Ma per scrivere questo articolo, farò questo ed altro: clicco su “inizia ora”.

Indiana Jones non è nulla in confronto a come mi sento e inizio a esplorare la nuova pagina.

Eilà, ci sono di nuovo io!

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1. Nel primo step posso scegliere quali delle schede relative al mio profilo G+ mostrare ai visitatori e Google ci spiega gentilmente che “I visitatori possono vedere soltanto i contenuti che condividi pubblicamente o direttamente con loro. Le schede del profilo sono sempre visibili a te”.

Sempre nello stesso passaggio posso modificare l’impostazione sui consigli condivisi.

Una panoramica sulle mie informazioni visibili la trovo qui dopo essermi loggata.

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Spuntando la casella della finestra a comparsa sui consigli condivisi, posso limitare la visibilità della mia attività al di fuori degli annunci, “eliminando l'attività o modificando le relative impostazioni di visibilità”.

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2. Il secondo step riguarda chi può usufruire del numero di telefono che ho innocentemente regalato a Google.

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3. Scorro in avanti e mi ritrovo a proteggere le mie azioni su YouTube.  Posso tenere privata la mia attività, ma se utilizzo il mio canale per la mia professione e volessi offrire un ulteriore servizio a chi mi segue, ad esempio, posso mostrare la lista dei video che mi piacciono e che ho salvato, perché possono servire anche ai miei seguaci e, perché no, promuovo chi se lo merita.

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Le altre impostazioni sulla privacy le posso gestire direttamente su YouTube.

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4. Il passaggio numero 4 parla di geolocalizzazione, che posso rimuovere negli elementi condivisi attraverso link, spostando la leva verso sinistra.

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Se quanto scritto non mi basta e voglio saperne di più, qui Google mi spiega come gestire la posizione delle mie foto e dei miei video.

Vuoi rimuovere la posizione delle tue foto? Vai a questo indirizzo, clicca la “i” in alto,

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accanto alla posizione clicca su “altro” e “rimuovi posizione”.

Se vuoi impedire la visualizzazione dei dati sulla posizione delle foto condivise, vai qui e rimuovi la geolocalizzazione negli elementi condivisi.

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Già, non è facile da scrivere, figurati da fare… Ma tu sei un tipo in gamba, sono certa ce la farai in pochi secondi!

5. Nella quinta sezione possiamo addirittura personalizzare la nostra esperienza su Google: in sintesi, possiamo controllare la privacy di tutte le nostre attività nell’universo del nostro motore di ricerca preferito. Che ci osserva più di quanto Orwell si sarebbe aspettato (pace all’anima sua).

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6. Nell’ultimo passaggio possiamo scegliere quali annunci vogliamo che il nostro buon amico ci mostri. E per farlo ci sono le impostazioni relative agli annunci, ovvio no?!

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“Modificando queste impostazioni, puoi controllare gli annunci che ti vengono mostrati sulla base del tuo account Google in tutti i dispositivi. Questi annunci hanno maggiori probabilità di essere utili e pertinenti.”

“Pertinenti”, quante volte leggo e ascolto questa parola quando ho a che fare con Google. Però ha ragione, e allora aiutiamolo questo motore di ricerca a mostrarci quel che ci serve!

E se dovessimo sentirci troppo osservati, spegniamo il computer e andiamo a farci un aperitivo!

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Ritorno al Futuro: viaggio alla scoperta del Memphis Design

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Prepara le valigie, con questo articolo oggi partiremo per un viaggio!

Ma non uno qualsiasi, faremo un viaggio nel tempo!

Ho preso in prestito da Doc la DeLorean che ci porterà alla scoperta di alcuni movimenti che hanno contraddistinto la storia del Design Grafico.

Sei pronto a partire? Se i miei calcoli sono esatti, quando questo aggeggio toccherà le 88 miglia orarie... ne vedremo delle belle!

Tempo di destinazione anni '80: il Memphis Design

Che cosa ti dicevo??? 88 Miglia all'ora!!!

Il nostro Esperimento temporale numero 1 ci ha portato indietro nel tempo, ma non molto lontano: siamo a Milano, nel Dicembre del 1980.

L'architetto e designer Ettore Sottsass organizza a casa sua un incontro informale insieme a Michele De Lucchi e altri colleghi per discutere di un nuovo linguaggio stilistico.

Sulle note della canzone di Bob Dylan, Stuck Inside of Mobile, decidono di dare vita a un movimento che si ribellasse all'estetica minimalista degli anni '70, considerata troppo uniforme e senza personalità.

Il nome del movimento viene suggerito proprio dalla canzone, che durante la riproduzione si inceppa più volte sulla frase «with the Memphis Blues Again».

Linee guida del Memphis Design

Lo stile che ne viene fuori è decisamente radicale e provocatorio per l'epoca, gli architetti prendono ispirazione da alcuni movimenti di design già esistenti:

  • l'Art Deco: per le sue figure geometriche sorprendenti,
  • la Pop Art: per i suoi colori audaci,
  • e il Kitsch: perché si distacca totalmente dal design minimalista.

Il tutto per dare vita a mobili e oggetti caratterizzati da colori vivaci e linee audaci quasi portate all'eccesso. Molti degli oggetti sono realizzati in materiali poveri come il laminato plastico, oppure in vetro.

In alcuni casi si assiste a una confusione stilistica, ma lo scopo è proprio questo: andare oltre ed entrare in un mondo più ottimista, allegro e colorato, dove ci si possa muovere con meno impegno e più spregiudicatezza.

[caption id="attachment_34050" align="aligncenter" width="800"]Collezione Memphis Design Milano Collezione Memphis Design Milano[/caption]

La prima mostra, con opere di designer provenienti da tutto il mondo, viene inaugurata a Milano nel settembre del 1981 e riscuote un successo strepitoso.

Per la prima volta sono i designer a decidere che tipo di oggetti avrebbe prodotto la società e il movimento trasmette un sentimento di trasgressione e di liberazione dalle rigidità del sistema funzionalista e del Bahuaus.

[caption id="attachment_34051" align="aligncenter" width="480"]Libreria Carlton Memphis Design Libreria Carlton di Ettore Sottsass[/caption]

Nonostante il successo, il movimento come tutte le avanguardie dura per pochi anni: il gruppo si scioglie nel 1988, ma continua a rappresentare in tutto il mondo una rivoluzione nel linguaggio del design e l'opposizione a una logica stantia e ripetitiva per dare una nuova linfa vitale al design.

Ritorno al Futuro: il Memphis Design oggi

Lo spirito del Memphis Design ha influenzato, ed è tornato a influenzare nell'ultimo periodo, molti campi creativi con la comparsa di pattern geometrici e colorati su poster, video e siti web.

Vediamo alcuni esempi:

[caption id="attachment_34062" align="aligncenter" width="800"]MTV TOPTEN 2016 - MTV VIETNAM Questo video, realizzato per la Top Ten 2016 MTV VIETNAM, presenta le forme tipiche del Memphis Design.[/caption]

 

[caption id="attachment_34060" align="aligncenter" width="800"]La crème de la crème "La crème de la crème" è un progetto realizzato per la mostra dei laureati di progettazione grafica del Collège Ahuntsic composto da poster, biglietti d'invito e vari materiali promozionali, il tutto con uno stile Memphis Design.[/caption]

 

[caption id="attachment_34063" align="aligncenter" width="800"]YES WE ARE - Fashion concept Memphis Design Le forme tipiche del Memphis Design compaiono anche nel concept di questo e-commerce dedicato alla moda africana.[/caption]

 

[caption id="attachment_34065" align="aligncenter" width="800"]Rare Barrel Memphis Design Anche il packaging della birra californiana Rare Barrel presenta uno stile Memphis Design, per celebrare la mescolanza di sapori unici.[/caption]

 

[caption id="attachment_34066" align="aligncenter" width="800"]static1-squarespace Queste icone sono state realizzate dal designer Nate Tate per la società MD Solar Sciences, per riprendere i colori vivaci del loro nuovo packaging e rappresentare le caratteristiche dei prodotti.[/caption]

 

Conclusioni

Che ne pensate dello stile Memphis Design? Vi ha portato una ventata di allegria e ottimismo?

Ora sta a voi scoprire quali altri campi del design sono stati influenzati da questo stile.

Ci vediamo tra un mese per il prossimo viaggio nel tempo, io intanto vado a rubare un po' di plutonio per il flusso canalizzatore.

Ritorno al Futuro: viaggio alla scoperta del Memphis Design - Webhouse.

Digital Design Days 2016: quando la creatività eccelle, va premiata!

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Digital Design Award 2016

Digital Design Days è un evento e un’occasione. E noi di WebHouse siamo media partner!

È un evento perché è la cerimonia di consegna del Digital Design Award, dove parteciperai a workshop professionali, digital showcase, un party e numerose attività di networking.
È un’occasione perché incontrerai professionisti, esperti e leader della scena digitale internazionale.

Dove, quando e soprattutto perché Digital Design Days!

Il Digital Design Days si terrà al NHOW Hotel, a Milano, nei giorni 27, 28 e 29 ottobre.
Perché dovresti partecipare?
Perché i relatori arriveranno da tutto il mondo per raccontarti le loro esperienza sul tema, perché questo è il più importante festival della cultura post-digitale e perché arriva in Italia per la prima volta!
Sì, hai capito bene.

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Conoscerai anche Offf.

Offf è una comunità che ti invita a partecipare a un viaggio tra conferenze, attività e spettacoli.
È una combinazione di creativi, designer offline/online, motion designer, pensatori, sound designer, graphic designer, teorici, sviluppatori, professionisti, studenti e semplici curiosi. Offf è il punto di incontro che invita i talenti di tutto il mondo a conoscersi e collaborare.
Interverranno:

  • HECTOR AYUSO, fondatore e direttore creativo del festival
  • ANTON & IRENE, già direttori creativi in un’agenzia di Manhattan e ora designer sul campo a Brooklyn
  • VASAVA, Design & Communication Studio di Barcellona
  • SEHSUCHT, casa di produzione cinematografica specializzata in progetti di animazione, design e VFX
  • GMUNK, Graphic Designer con oltre un decennio di esperienza come Design Director per la motion graphics industry
  • CARLA CASCALES, graphic designer e illustrator di Barcelona, specializzata in branding, space design, editorial design e visual arts
  • IDEO, società di progettazione globale che applica un approccio di design-based human-centered per aiutare le organizzazioni del settore pubblico e privato a innovare e crescere
  • THE MILL, studio di VFX & Creative Content con base a Londra
  • ARS THANEA, Advertising Agency e Production Studio fondato in Polonia nel 2007
  • MUCHO, global boutique design studio con sedi a Barcellona, Newark, Parigi, San Francisco e New York.

I relatori del Digital design Days.

Tra i migliori designer italiani e internazionali, storytellers visionari e pensatori innovativi troverai

  • CLAUDIO GUGLIERI, former Design Director di Fi e Creative Director di Elephant
  • DAVID McCANDLESS, autore, data journalist e information designer
  • UNIT9, compagnia multimediale di cinema, gaming, realtà virtuale e digital technology
  • SAIZEN MEDIA, agenzia creativa con uffici a Los Angeles e Milano specializzata in prodotti digitali interattivi
  • ALEX JENKINS, Creative Director and interactive Storyteller
  • ALEX BRUNORI Head of Creative Agencies Google MENA
  • JAKOB KAHLEN, Designer & Creative Director con base a Copenhagen
  • ACCURAT, information design agency
  • MEDIAMONKS, società di produzione digitale specializzata nella creazione di siti web, giochi e film.

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Digital Design Award: IL premio.

Digital Design Award è il riconoscimento pensato per stimolare, promuovere e premiare l'eccellenza creativa italiana nel design per il mondo digitale.
I candidati selezionati riceveranno comunicazione via e-mail entro il 18 ottobre 2016 e saranno invitati a partecipare alla cerimonia di premiazione.
La cerimonia di consegna del Digital Design Award avverrà il 29 ottobre al NHOW Hotel di Milano durante la cena di gala conclusiva.

Vuoi iscriverti al concorso? Clicca qui!

La Giuria.

Una giuria, composta da esperti internazionali del settore del design digitale, selezionerà le candidature e i vincitori
Tra questi

  • LUCA LORENZINI, Global Creative Director presso Saatchi & Saatchi
  • RICCARDO GIRALDI, Creative Director di Microsoft Hololens
  • CLAUDIO GUGLIERI, Designer & Creative Director presso Elefant ex Design Director di Fantasy Interactive
  • MATIAS COREA, Behance Founder
  • LYNDON HALE, APAC Executive Creative Director DigitasLBi
  • GIORGIA LUPI, Founder & Design Director di Accurat
  • JAKOB KAHLEN, Founder & Creative Director di Trouble, ex Hello Monday
  • HECTOR AYUSO, OFFF Director & Founder
  • LUISSANDRO DEL GOBBO, Partner Creative Director di Ogilvy & Mather
  • ALEX BRUNORI, Head of Creative Agencies di Google
  • ROB FORD, Founder & Director di TheFwa.

Partecipare al concorso è semplice!

I progetti possono essere iscritti compilando il form sul sito entro le ore 24:00 del 3 ottobre 2016. Fino all’11 settembre la quota di iscrizione è scontata a 75 euro anziché 95 euro (IVA inclusa). Ciascun lavoro può essere candidato in una sola delle 20 categorie (16 standard + 4 speciali) del premio.

Gli organizzatori del DDD.

FILIPPO SPIEZIA: Award Winning Art Director. Founder & Direttore Creativo Digital Design Days & Award.
GRAFFITI: dal 1996 è sinonimo di cultura digitale e pensiero creativo. Oggi è agenzia, factory, digital media company, startup e hub.
THE MEETING LAB: agenzia di organizzazione di meeting, congressi ed eventi con una solida esperienza internazionale sia in ambito medico-scientifico che corporate.

Vuoi partecipare?

Prenotati qui e attendi qualche giorno. DDD sta arrivando!

Contatti.

FOUNDER & CREATIVE DIRECTOR: filippo.spiezia@gmail.com
PARTNERSHIP & SPONSOR: c.calcagno@themeetinglab.it
UFFICIO STAMPA: info@therumors.it

Digital Design Days 2016: quando la creatività eccelle, va premiata! - Webhouse.

10 modi attraverso i quali stai uccidendo le motivazioni del tuo team (e come rimediare)

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Le persone non lasciano il loro lavoro, lasciano i loro capi.

Probabilmente questa affermazione non è così innovativa, ma vale la pena ripeterla. Due persone che occupano lo stesso grado lavorativo possono avere esperienze lavorative diametralmente differenti, e ciò in larga parte è dovuto alla loro esperienza con i loro capi.

Riescono a fare carriera e raggiungere un loro livello di soddisfazione? O sono costretti a restare "rinchiusi" nel loro metro quadro di scrivania? E tu, dirigente, hai fissato obiettivi chiari per i tuoi dipendenti, o lavorano alla rinfusa senza una scaletta che stabilisca le priorità?

Questi scenari - difficoltà a fare carriera, microgestione e obiettivi poco chiari - sono solo tre dei modi con cui i manager possono rendere la vita dei loro dipendenti più sgradevole. Di seguito ecco un'infografica riassuntiva realizzata da Weekdone su alcuni comportamenti che sgretolano i rapporti all'interno del tuo team e come porvi rimedio

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WEEKDONE - SOFTWARE DI RICERCA ADORATO DA DIPENDENTI E MANAGER DI PICCOLE E MEDIE AZIENDE CHE HA PORTATO FORTUNA A 500 AZIENDE
Libera traduzione!

Fonte: http://blog.hubspot.com/sales/team-motivation-killers-infographic#sm.000xmt0gn1e4ndm4s7r12lzvrtw8f

10 modi attraverso i quali stai uccidendo le motivazioni del tuo team (e come rimediare) - Webhouse.

Ritorno al futuro: alla scoperta della Ligne Claire

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Devo dire che l’ho scampata bella!

Rubare il plutonio ai libici non è stato così facile, ma alla fine io e Einstein siamo fuggiti a bordo della DeLorean e sai dove siamo finiti?

Tempo di destinazione anni ’30: la Ligne Claire

“La domanda giusta è: “Quando diavolo sono?! Capisci?”

Siamo in Belgio, è il 10 gennaio 1929, su Le petit Vingtième, supplemento del quotidiano cattolico Le vingtième siècle, esce il primo fumetto di una serie che sarà nota fino ai nostri giorni: Le Avventure di Tin Tin.

Ligne Claire Tin Tin

L’autore del fumetto è Georges Prosper Remi in arte Hergé.

Arrivato a questa arte quasi per caso sviluppa uno stile inconfondibile, che nel tempo resterà associato a lui ma diventerà anche un tratto peculiare dei fumetti di area franco-belga, le bande dessinée.

Questo stile caratterizzato da un segno grafico chiaro e preciso viene chiamato ligne claire, ovvero linea chiara.

Linee guida della Ligne Claire

Nonostante questo stile venne spesso identificato come un modo di disegnare sbrigativo e poco esuberante perché in netto contrasto con i fumetti ricchi di tratteggi e sfumature, la ligne claire presentava precise e rigorose scelte stilistiche.

• Gli elementi sono definiti da linee nere continue con uno spessore uniforme piuttosto leggero e contorni chiusi.

• Non ci sono elementi che prevalgono, ogni cosa viene raffigurata con lo stesso peso e attenzione, che sia una persona, un oggetto, un animale o un edificio.

• I colori sono piatti ma vivaci. Le campiture nere, quando utilizzate, sono sempre piene.

• Il disegno è molto pulito e semplice, non presenta ombreggiature o sporcature, ogni segno superfluo rispetto allo scopo viene eliminato.

Hergé Ligne Claire

Ne deriva uno stile grafico che presenta grande pulizia ed estrema leggibilità: Hergé vuole che i fumetti presentino la massima leggibilità, eliminando tutti gli elementi grafici superflui e tutto ciò che potrebbe danneggiare la continuità della storia.

Ritorno al Futuro: la Ligne Claire oggi

Lo stile di Hergé ha sicuramente influenzato i fumettisti arrivati dopo di lui, l’esempio forse più famoso sono i Simpsons.

Ma la sua influenza è arrivata fino a oggi:

[caption id="attachment_34156" align="aligncenter" width="800"]Uno degli illustratori più famosi del momento ad utilizzare lo stile Ligne Claire è Jean-Michel Tixier. Uno degli illustratori più famosi del momento a utilizzare lo stile Ligne Claire è Jean-Michel Tixier. Questa estate le sue figure ispirate ad Hergé, ma con un look chiaramente del 21° secolo, sono apparse sulle vetrine di Colette, negozio di tendenza di Parigi.[/caption]

 

[caption id="attachment_34157" align="aligncenter" width="595"]thomasdanthony-5 L'illustratore Thomas Danthony ha scelto la ligne claire per le illustrazioni al debutto dell'album dell'artista Alt-J.[/caption]

 

[caption id="attachment_34159" align="aligncenter" width="800"]mercato-centrale-firenze-illustrazioni Anche le illustrazioni che popolano il Mercato Centrale di Firenze, realizzate dall'illustratore italiano Jonathan Calugi, si ispirano alla Ligne Claire per stile e colori.[/caption]

 

[caption id="attachment_34161" align="aligncenter" width="800"]the-new-yorker-ligne-claire Diverse copertine del famoso periodico statunitense The New Yorker sono state realizzate seguendo lo stile della Ligne Claire: nell'immagine, una copertina del 1997 e una del 2001.[/caption]

[caption id="attachment_34163" align="aligncenter" width="800"]f7f08434075942-57ddabaa5b410 Infine a me piace pensare che anche le Line Icons diffuse ormai su miliardi di siti web siano un'evoluzione dello stile Ligne Claire. Questo set realizzato da Aleksandr Malis ne è un esempio.[/caption]

 

Conclusioni

Einstein si era già affezionato a Milù, il cane di Tin Tin, ma è giunta l'ora di risalire a bordo della DeLorean e partire per il prossimo viaggio alla scoperta della storia del design grafico!

A presto!

Ritorno al futuro: alla scoperta della Ligne Claire - Webhouse.

I 4 migliori plugin per gestire mailing list e utenti

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SumoMe

Consigli sui migliori plugin opt-in per gestire mailing list e utenti

Ti è mai capitato di dover utilizzare nel tuo sito web un “pop up” per far iscrivere i tuoi lettori alla mailing list, offrendo magari un ebook in cambio? Ecco una panoramica di 4 tra i migliori plugin "opt-in e pop up" che ti aiuterà a scegliere quello che fa per te. Per opt-in (abbreviazione inglese di option-in) si intende il consenso esplicito dell'utente a ricevere comunicazioni - per lo più pubblicitarie - da parte di un'azienda. In Italia è obbligatorio utilizzarlo in base alla normativa sulla privacy.

Newsletter, contenuto di valore e utenti

Il sito web può anche essere uno strumento di business e serve per raggiungere degli obiettivi strategici ben definiti, tra i quali raccogliere i contatti dei visitatori e successivamente condurli a un’azione (un acquisto, una richiesta di preventivo, eccetera). Talvolta avviene tramite uno scambio (ebook - indirizzo email), altre volte semplicemente si raccoglie il contatto e si utilizza per inviare le nostre proposte di valore successivamente. Se il visitatore, dopo aver cercato delle informazioni on line, arriva sul tuo sito e le trova - quindi stai fornendo del contenuto di valore utile - dovresti cogliere l’occasione e ricevere qualcosa da parte del tuo utente, come ad esempio il suo indirizzo email, che servirà a te per costruire la mailing list. Ma come fare per catturare l'attenzione dei visitatori e farli lasciare la loro email? Se utilizzi un sito con piattaforma Wordpress (ma anche di altro tipo) è possibile installare o implementare un plugin che ti aiuterà in questo scopo:
  • creare o incrementare la nostra mailing list (per inviare newsletter informative, eccetera),
  • generare e acquisire contatti potenzialmente interessati al nostro prodotto (se cercano delle informazioni e tu gliele fornisci, hai risolto un loro quesito/problema)
  • convertire i visitatori in clienti (se ad esempio vendiamo prodotti o servizi).

L'utente prima di tutto

Gli indirizzi email degli utenti sono un bene prezioso, pertanto tieni presente questi suggerimenti:
  • non inviare spam,
  • non utilizzarli per scopi illeciti,
  • devono essere ottenuti con il consenso della persona, informata dell'utilizzo che ne vuoi fare.
Quasi tutti i plugin pop up / opt-in rischiano, se utilizzati erroneamente, di annoiare l’utente, facendogli fare un’esperienza di navigazione negativa. Si pensi a quei siti web dove si aprono pop up senza poter trovare subito il pulsante di chiusura, oppure ai video che si aprono a metà schermo (in vari siti di testate giornalistiche ad esempio), e così via. Evitare dunque di essere invasivi o di far fuggire l’utente.

Come scegliere un plugin opt-in

I plugin a pagamento sono i più completi; ma anche quelli gratuiti, a seconda delle nostre esigenze, possono fare un buon lavoro.

Fattori da considerare

  • Velocità del sito: un sito veloce ottiene un miglior rank da parte dei motori di ricerca, e offre anche una migliore esperienza all’utente. Ecco perché questo requisito è assolutamente indispensabile.
  • Velocità del plugin: collegato al precedente, alcuni plugin impiegano troppo tempo a caricare e tendono a rallentare le performance del sito, con impatto negativo anche sulla SEO.
  • Giusto equilibrio tra funzionalità e caratteristiche: il plugin ha lo scopo principale di catturare contatti per implementare la nostra mailing list e conquistare potenziali (clienti).

Requisiti

Ogni plugin dovrebbe avere queste caratteristiche:
  • possibilità da parte dell'utente di iscriversi alla mailing list tramite form “opt-in”,
  • effetti visivi per attirare l'attenzione o personalizzazione dei moduli,
  • timer per mostrare a un certo momento il form,
  • possibilità di posizionare il form in vari punti strategici del sito o della pagina,
  • strumenti per generare contatti potenzialmente interessati al nostro prodotto,
  • strumenti di analisi e statistiche,
  • test A/B (una possibilità è usare due versioni - ad esempio in una newsletter, un layout di una pagina con una call-to-action - confrontando poi quale delle due converte di più e andando a utilizzare quella col tasso di conversione più alto),
  • integrazione in varie tipologie di sito e con i fornitori di email marketing più diffusi.

Ladies & Gentlemen...

Finalmente, dirai! Di seguito una breve lista delle caratteristiche principali dei singoli plugin, che per ovvi motivi di spazio ho preferito non allungare. Vi rimando a ulteriori approfondimenti consultando i relativi siti web.

Optin Monster (a pagamento)

Optin Monster Ottimizzato per caricare velocemente nel sito, resta quello più veloce per evitare di sovraccaricare il server e avere prestazioni più elevate. È ricchissimo di funzionalità.
  • Drag & Drop Builder per creare il proprio modulo personalizzato, oppure utilizzare dei template pronti all’uso. Ricordati dell’importanza dei colori e delle immagini! Possono fare la differenza.
  • Temporizzatore per mostrare il pop up.
  • Vari effetti di animazione dei pop up (lightbox, eccetera) per attrarre l'attenzione del visitatore e rendere gradevole l'esperienza di navigazione.
  • Possibilità di segmentare le liste email a seconda del target utente (provenienza, interessi, eccetera). Utilissimo per e-commerce.
  • Posizionamento della finestra in vari punti della pagina o del sito.
  • Test A/B.
  • Sistema di analisi e misurazione dei risultati (integrazione con Google Analytics).
  • MonsterLinks: quando un utente clicca su un link o sulle immagine si apre un pop up e chiede l’iscrizione alla newsletter.
  • Exit Intent: sistema di tracciamento del comportamento del mouse dell’utente che permette, in caso di abbandono del sito, di mostrare un messaggio appropriato per acquisire l’eventuale cliente o contatto.
  • Ottimizzato per mobile.
  • Barra “flottante” in evidenza.
  • Finestra opt-in posizionata in angolo dello schermo, poco invasiva e discreta.
  • Modulo posizionabile nella pagina (in mezzo al testo, sotto, eccetera).
  • Apertura a tutto schermo del modulo.
  • Integrazione totale.
Spendo due parole in più su quest'ultima caratteristica, che non tutti hanno. Il plugin si può integrare con i maggiori fornitori di servizi di email marketing, con Google Analytics e si può installare su tutti i tipi di siti e piattaforme, da quelli realizzati con Wordpress a quelli statici, e-commerce e via dicendo. Un grosso vantaggio quando si gestiscono molteplici siti insieme.

Bloom (a pagamento)

Bloom Plugin Plugin “standalone”, realizzato da Eleganthemes, di facile installazione su Wordpress. Simile al precedente, si caratterizza per le seguenti funzionalità.
  • Temporizzatore del pop up.
  • Modulo opt-in in linea. Una volta configurato il pop up si preleva lo shortcode per poi posizionarlo nel punto prescelto in una pagina.
  • Modulo opt-in in fondo al contenuto.
  • Widget opt-in nella sidebar.
  • Modulo opt-in di blocco contenuto (ad esempio l’utente è invitato a lasciare un indirizzo email e poi sblocca il contenuto).
  • Integrazione coi principali provider di email marketing.
  • Template pronti all’uso, design moderno, personalizzabile.
  • Possibilità di scegliere dove si vuol mostrare il modulo.
  • Test A/B.
  • Statistiche su email e conversioni.
  • Esportazione dei dati da un sito all’altro (utile per backup).
  • Ottimizzato per mobile.

ThriveLeads (a pagamento)

Thrive Leads Anche questo plugin è dedicato a Wordpress.
  • Smart Links: si può scegliere dove e come mostrare il modulo optin e quale contenuto proporre ai visitatori.
  • A/B Test.
  • Animazioni varie dei moduli per attrarre l’attenzione.
  • Targeting di precisione.
  • Scelta dei tempi in cui mostrare i moduli in base alle statistiche.
  • Report e statistiche.
  • SmartExit+: funzionalità che permette di programmare, al verificarsi di alcune condizioni, la comparsa del modulo.
  • Template pronti all’uso, responsive e personalizzabili con il Visual Composer, per adattarli alle proprie esigenze.
  • Compatibilità con tutti i browser.

SumoMe List Builder e List Builder Pro (gratuito / a pagamento)

SumoMe Questo plugin si trova gratuitamente nella repository di Wordpress, anche se con funzionalità limitate, ed è possibile aggiornarlo per averlo completamente funzionante. Quelle che ti elenco sono relative al plugin a pagamento.
  • Smart Mode Technology, ovvero sistema che permette di mostrare il modulo all’utente poco prima che esca dal sito (con effetto lightbox si apre il form per l’email).
  • Design personalizzabile.
  • Compatibile con i dispositivi mobili.
  • Test A/B.
  • Template pronti all’uso.
  • Visualizzazione differenziata a seconda del traffico visitatori e dei dispositivi.
  • Integrazione con i più diffusi provider email marketing.
  • Integrazione con varie tipologie di piattaforma web.
Nel caso tu utilizzi la versione gratuita, occorre creare un account: nel sito vedrai una barra blu finché non effettui l’iscrizione premium. Dal pannello di controllo si configurano i vari moduli email, si possono aggiungere “add-ons” dallo store dell’azienda (Statistiche, Pulsanti, eccetera) e consente una personalizzazione base dei moduli.

Considerazioni finali

Un confronto piuttosto difficile eh? Personalmente utilizzo Bloom e mi ci trovo benissimo, anche perché lavoro quasi esclusivamente con Wordpress. Optin Monster è il più completo e ricco di funzionalità. E anche gli altri due non sono affatto male. Come già scritto sopra, ti consiglio di usare questi moduli pop up con criterio, magari facendo prima delle prove, altrimenti rischi di ottenere l’effetto contrario. E tu quale plugin opt-in utilizzerai per far crescere la tua lista di contatti? Adesso che ti ho dato qualche consiglio, spero che tu riesca a scegliere il plugin che soddisfa le tue esigenze!

[immagini prelevate da screenshot dei relativi siti web dei produttori]

I 4 migliori plugin per gestire mailing list e utenti - Webhouse.

Gamification: come aumentare l’engagement dei dipendenti

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I soggetti interessati, stakeholder, in questa epoca di interazioni social e mobile sono chiamati a fare “un lavoro migliore” nel coinvolgere i propri clienti e dipendenti per raggiungere il successo. La gamification è vista sempre più come un mezzo utile per raggiungere questo obiettivo. Ma cosa si intende per gamification?

Giocare sul serio

La Gamification prevede l’utilizzo di dinamiche proprie del gioco, come ad esempio punti, livelli, premi, in contesti non ludici, allo scopo di sollecitare impegno e competitività e per stimolare la ricerca di una o più soluzioni a un problema.

Che la gamification faccia bene al business è oramai un dato di fatto. I brand più noti o attivi sul fronte del web marketing utilizzano le dinamiche dei giochi già da qualche anno. L’obiettivo finale dei progetti che includono le dinamiche di gamification è l’aumento del coinvolgimento e la fidelizzazione degli utenti in tutti i canali digitali e social.

La gamification funziona perché fa leva sulla motivazione, sia su quella estrinseca (premi reali e tangibili) sia su quella intrinseca (il piacere o l’interesse verso qualcosa). Le ricompense digitali nello scenario attuale non sono meno rilevanti di quelle reali, soprattutto se contengono una dimensione social, ovvero la possibilità di condividere con altri in maniera immediata lo status raggiunto. Punteggi, classifiche e badge sono gli elementi base, seppur minimi, del design di ogni strategia di gamification.

La Gamification in azienda

La novità più interessante in questo momento (e diverrà un hot topic per i prossimi 3-5 anni) è che si va affermando, o meglio ri-affermando, l'utilizzo della gamification per aumentare l’engagement dei dipendenti.

L’interesse per lo sviluppo di soluzioni di gamification rivolte all’interno dell’azienda sta addirittura superando quello per lo sviluppo di applicazioni di gamification rivolte agli utenti/consumatori (fonte Gartner).

Il coinvolgimento (engagement) dei dipendenti è infatti un tema caldo nei corridoi aziendali. Ci si chiede sempre più spesso: come lo si può aumentare? È possibile tracciarlo?  È un fattore reale di valore per l’azienda?

Il coinvolgimento dei dipendenti è oramai stato definito come un'opportunità per le organizzazioni di aumentare la loro redditività, produttività e qualità del prodotto, mentre allo stesso tempo riduce il turnover, l’assenteismo e gli incidenti di sicurezza.

L’efficacia nel cogliere questa opportunità, utilizzando strategie consolidate, sembra però essere piuttosto scarsa: secondo una recente ricerca di Gallup il 70% circa dei lavoratori si considera non coinvolto sul posto di lavoro e la percentuale aumenta tra i lavoratori cosiddetti Millennials.

Per aumentare il coinvolgimento dei dipendenti occorrono dunque strategie nuove in linea con i cambiamenti generazionali e le opportunità offerte dalla tecnologia. E infatti, secondo Forbes, le aziende più all’avanguardia, le cosiddette Fortune 500, stanno investendo fortemente in progetti pilota di gamification per aumentare il coinvolgimento dei dipendenti.

La gamification è dunque uno dei pilastri su cui basare le strategie per il coinvolgimento dei dipendenti insieme all'utilizzo di dinamiche social e dei mobile device.

La gamification rivoluziona la gestione delle risorse umane

La gamification per l’azienda, ovvero dentro l’azienda, trova applicazione in almeno tre processi core: Recruiting, Gestione dei Talenti e Formazione e Sviluppo. Tuttavia si trovano in rete numerosi  casi di successo di utilizzo della gamification anche per migliorare l'esecuzione di task puramente operativi.

Nei contesti aziendali, e in particolare nei citati processi HR, i benefici della gamification sono rivolti sia all’utente finale sia allo staff che presiede e governa tali processi. In uno scenario nel quale il riconoscimento sociale dei risultati raggiunti diventa un immediato elemento di gratificazione per la persona, risulta evidente che le tecniche di gamification semplificano e migliorano i processi di gestione delle Risorse Umane.

Dunque, sfruttando le moderne applicazioni di gamification (digital, social e mobile) si ottiene un maggiore coinvolgimento dei dipendenti (o futuri dipendenti) con uno sforzo di gestione minore da parte delle figure professionali che presiedono tali processi.

Interessante il caso di Deloitte, che ha sfruttato le tecniche di gamification per dare vigore al programma di formazione alla Leadership. Deloitte aveva costruito infatti, un programma di formazione alla leadership per gli alti dirigenti, ma aveva difficoltà a incoraggiare i dirigenti ad avviare e completare il programma. Con l’aiuto di un fornitore qualificato, l’azienda ha introdotto elementi ludici come badge, classifiche e status symbol che misurano il livello di partecipazione e completamento dei corsi da parte dei dirigenti. Risultato? Il tempo medio per completare il programma di formazione è sceso del 50%, e il programma ha visto un aumento del 46,6% nel numero di utenti che ritornano sul sito ogni giorno.

La gamification, come mostra il caso Deloitte,  rappresenta una opportunità di successo enorme per la formazione in azienda e in particolare per l’e-learning. Con costi ridotti e tempi di realizzazione più brevi rispetto a quelli necessari per lo sviluppo di serious o business game, si ottiene un ROI più elevato. È possibile inoltre, e questa è una grande opportunità per le aziende, rinvigorire progetti di e-learning già esistenti “affiancando” dinamiche di gamification all’erogazione dei corsi online.

Probabilmente uno degli usi più noti della gamification è come strumento per reclutare i talenti, e infatti ci sono casi di studio che risalgono già agli anni '90 (in contesti chiaramente non digitali). I giochi infatti offrono ai candidati un modo naturale e divertente di esplorare e conoscere meglio l'azienda e la sua cultura, e di confrontarsi con essa.

Non meno evidenti sono i vantaggi per i selezionatori. Al di là di aspetti caratteriali, come il temperamento, la gamification infatti può aiutare a valutare le competenze e le capacità del candidato per un ruolo particolare. La mole di dati che le applicazioni di gamification generano e che sono a disposizione dei selezionatori consentono valutazioni più approfondite rispetto a quelle possibili ad esempio nell’erogazione di un questionario o test di valutazione.

Anche nella gestione dei talenti si trovano interessanti applicazioni della gamification. Il gigante della musica Spotify, ad esempio, ha sostituito le annuali performance review con una piattaforma social di performance management dove i colleghi possono lasciare commenti, ricevere feedback e acquisire badge per la partecipazione attiva. Si tratta in questo caso di ripensare le pratiche legate ai riconoscimenti, ai premi e alla valutazione, inserendo logiche di gamification che sostengono gli obiettivi aziendali e nello stesso tempo rendono i dipendenti partecipanti attivi.

I tuoi dipendenti sono pronti per la gamification?

E se ti stai chiedendo se i tuoi dipendenti sono pronti a giocare, dai uno sguardo a queste statistiche.

  • L’età media di un giocatore (gamer) è di 32 anni.
  • Il 47% dei giocatori è donna.
  • La frequenza di gioco è quotidiana.
  • Più di 1 ora viene dedicata a una sessione di gioco.
  • Il 34% delle persone gioca per tenere la propria mente attiva.
  • Il 47% dei gamer utilizza uno smartphone per giocare.

E tu che ne pensi della gamification? Scrivici nei commenti!

Gamification: come aumentare l’engagement dei dipendenti - Webhouse.

DIGITAL DESIGN DAYS: benvenuti creativi!

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Se sei un designer e lavori nel mondo del digitale avrai sicuramente sentito parlare dell'evento che è andato in scena dal 27 al 29 ottobre 2016 a Milano: stiamo parlando dei DIGITAL DESIGN DAYS, e il team di Webhouse non poteva non mandare un rappresentante (ovvero la sottoscritta) a dare un'occhiata ;)

Le aspettative non sono state deluse per la qualità degli speech e dei loro relatori, che comprendevano grandi realtà affermate, ma anche studi più piccoli, che si destreggiano nel mercato del digitale.

ddd milano

Nella suggestiva location di via Tortona a Milano, il moderno hotel Nhow è stato allestito a dovere per accogliere l'alta affluenza di giovani creativi. Dopo un primo momento in cui mi sono trovata un po' spaesata per aver ricevuto alcune informazioni sbagliate, sono riuscita a destreggiarmi all'interno delle stanze in cui si sviluppava la manifestazione. Non solo erano presenti due sale per gli speech (Aqua e Purple Room), ma era possibile curiosare in giro tra le installazioni e partecipare ad alcune attività come il Live Painting (una grande parete adibita a “tela” che poteva essere dipinta dai passanti) oppure addentrarsi in un altro mondo testando la nuova tecnologia di realtà aumentata.

Il primo speech a cui ho avuto modo di assistere è stato quello dello studio di animazione NERDO: i ragazzi ci hanno mostrato la loro storia e l'evoluzione del loro studio andata di pari passo con il mutamento della società. Tutto è nato a partire da un garage di 15 mq (come va tanto di moda per le menti geniali :) fino ad espandersi in un grande spazio di 200 mq con 14 postazioni e una sala riunioni, con la scelta di rimanere a lavorare nel mercato italiano poiché lo hanno sempre ritenuto un plus. Questo ci insegna a credere nei propri progetti e provarci fino in fondo, ma il punto focale della presentazione resta un fantastico video realizzato da loro in collaborazione con la Sound Agency Smider, video che ha aperto i cosiddetti DDD: qualche minuto di presentazione con tutti i nomi dei relatori, inseriti in un contesto ispirato ai videogiochi vintage, con colori accesi, diverse citazioni dei videogames più famosi anni Ottanta, alla ricerca di una personalizzazione di ogni schermata.

Un'altra relatrice dal respiro più internazionale è stata Giorgia Lupi di Accurat, la quale ci ha illustrato in un melodico inglese newyorkese, il mondo del Data Visualization, ovvero come dare un senso ai numeri, poiché essi non sono solo numeri ma rappresentano altri concetti: una sorta di Rinascimento della visualizzione dei dati che va oltre le infografiche e che ha l'obiettivo di tradurre e abbracciare la complessità del mondo. I concetti devono avere e hanno nella loro visualizzazione diversi livelli di esplorazione a partire da un'inquadramento generale per poi zoommare nei singoli elementi che compongono la grafica.

[gallery columns="4" link="file" ids="34275,34276,34272,34271"]

Entrando nel mondo che più ci appartiene del Web, ho assistito alla presentazione dell'Interactive Web Agency Vergani&Gasco, i cui componenti ci hanno mostrato diverse case history della loro esperienza online. Nei loro siti troviamo un forte impatto iniziale che viene però sostenuto da uno studio attento e curato anche in tutte le pagine interne, utilizzando molto animazioni in Ajax con effetti fluidi, senza impattare negativamente sui motori di ricerca. [ad esempio http://www.stylenovels.com/it/]

L'ultimo speech di cui vi racconto è l'interessante percorso dell'agenzia Thinking About di Perugia: anche questi ragazzi hanno cominciato a farsi strada nel mercato digitale sgomitando in numerosi contest creativi, per crearsi il proprio posto all'interno di un mondo digitale in continuo cambiamento. A un certo punto hanno dovuto però scegliere: vogliamo essere un Design Studio o una Production Agency? Ed è li che hanno dovuto necessariamente confrontarsi con sé stessi e con il mercato che li circondava per decidere cosa fosse meglio per la propria situazione. Nel loro caso hanno capito che un sito web da solo non basta ma che anzi la frammentazione può diventare un'opportunità. È da questa convinzione che hanno cominciato un nuovo cammino pensando al di fuori del brief: spesso il cliente non sa cosa vuole, ma l'obiettivo finale resta entrare nella vita delle persone creando un'esperienza. Dunque quello che ci insegnano è che bisogna cercare di coinvolgere la persone in tutti i punti di contatto con il brand e capire quale sia il proprio valore aggiunto, a partire da una cultura interna aziendale.

[gallery columns="4" link="file" ids="34267,34270,34269,34268"]

Sicuramente la prima edizione dei Digital Design Days di questo 2016, è stata ricca di personalità e di case history dalle quali possiamo trarre diversi insegnamenti, oltre che momenti di networking grazie alla presenza di moltissimi giovani creativi e designer del digitale.

Siamo curiosi di vedere cosa ci aspetta per l'edizione del 2017 ;)

DIGITAL DESIGN DAYS: benvenuti creativi! - Webhouse.


Come sfruttare nella vendita il nostro bisogno di essere coerenti

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Sì, quando ci prendiamo un impegno, vogliamo essere coerenti con quello che abbiamo fatto o detto. Soprattutto se nei paraggi c’è qualche testimone che potrebbe smascherarci.

Ma come utilizzare la coerenza nella comunicazione persuasiva?

[tweetthis]Essere coerenti con quello che facciamo o diciamo è un bisogno che abbiamo tutti![/tweetthis]

Ad esempio chiedendo a un utente di prendere piccoli impegni volontari, attivi e pubblici nella fase iniziale (se l’impegno è messo per iscritto e richiede anche un piccolo sforzo, vale doppio!).

“Si tratta, molto semplicemente, del nostro bisogno di essere (e apparire) coerenti con ciò che abbiamo già fatto. Una volta compiuta una scelta o presa una posizione, andiamo incontro a una serie di pressioni, personali e interpersonali, nello sforzo di essere coerenti con quell’impegno. Sono queste pressioni che ci inducono a risposte che giustifichino la decisione precedente.” Robert B. Cialdini, Le armi della persuasione.

persuasione

Effetto priming.

Se ti faccio fare un passo alla volta, ti sarà difficile tornare indietro. Soprattutto se riesco a intrattenerti per un po' di tempo, oppure se ti ho fatto compilare un modulo di tre pagine.

Esempio: la sensibilizzazione. Partecipi a una serata e ti ritrovi con un bollettino annuale da pagare in sostegno a una "buona causa".

Secondo esempio: se alla fine di questo articolo ti scrivessi che la coerenza è il secondo principio della persuasione e che in un altro post trovi il primo, ci cliccheresti? Arrivato fino in fondo perché il testo ti ha incuriosito e dopo aver occupato più di 5 minuti della tua vita a leggerlo, varrebbe la pena completare il tuo percorso informativo, giusto?

Terzo esempio: dividi la richiesta. Non ti chiedo subito di compilare un questionario. Prima ti chiedo una mail, così entriamo in contatto. Poi ti propongo di darmi anche qualche altro tuo dato. Poi magari ti chiedo di entrare nel portale. Ormai mi hai già dato abbastanza elementi, vuoi davvero non accettare l'ultimo step?

Un impegno attivo.

Ebbene “qual è il principio attivo di un impegno durevole?”, scrivono Goldstein, Martin e Cialdini nel loro libro 50 segreti della scienza della persuasione.

L’impegno preso attivamente è la risposta. Semplice a dirsi, ma meno a farsi, in quanto siamo tutti propensi a tralasciare spesso quei dettagli che fanno la differenza nel processo di vendita.

Continuano gli autori nel libro

l’impegno preso attivamente ha più potere di permanenza di quello preso passivamente. […] Con l’impegno scritto e perciò attivo, ad esempio (ndr), le persone emettono giudizi su di sé in base all’osservazione dei propri comportamenti e apprendono di più su di sé in base alle proprie azioni piuttosto che dalle non azioni.”

persuasione

Scrivere, compilare, proporre prendendosi la piena responsabilità, oppure condividere pubblicamente le proprie scelte: chi vorrebbe fare una figuraccia non mantenendo gli impegni presi davanti agli altri? Anche l’orgoglio gioca la sua parte nel processo decisionale, non credi?

Ma ricorda: la scelta del tuo interlocutore dev’essere libera, guidata bene sì, ma mai imposta! Solo così l'utente/cliente si sentirà davvero responsabile delle sue azioni.

Esempio: entriamo per un momento nella nostra vita e andiamo a scovare una decisione che abbiamo preso. Si rivela sbagliata e noi perseveriamo ugualmente in quella direzione, a convincerci che, dopotutto, "quel vestito non mi sta proprio così male".
Hai speso 100 euro per il prodotto sbagliato, ma trovare la scusa buona per non darti la colpa ti fa stare meglio. Qui la coerenza è dimostrata dalla tua iniziale scelta di comprare l’abito perché ti piaceva e dalla tua finale convinzione che ti stia bene, anche se non è così.

[tweetthis]A scelta compiuta abbiamo bisogno di credere che sia quella giusta.[/tweetthis]

Il principio applicato alla vendita?
Prendiamo ancora come esempio il vestito: la commessa tanto gentile ti dice che il colore è in tinta con il tuo incarnato, ti suggerisce di provarlo, ti fa indossare anche le scarpe e la borsa abbinate. Ti ha poi convinto a fare una piccola sfilata davanti allo specchio e ti fa attendere la collega per confermare la scelta. E adesso, come rifiutare l'acquisto?

[tweetthis]Dopo vari piccoli passaggi di vendita tendiamo a proseguire e, spesso, a compiere la conversione.[/tweetthis]

Un supporto alla coerenza? Il promemoria.

Prendiamo le newsletter: togliamo quelle che ti comunicano l’offerta, quelle che ci ricordano quanto gli autori sono fantastici, quelle che ti offrono il consiglio così tu compri il prodotto o il servizio (questione di reciprocità) e soffermiamoci su quelle che semplicemente ti ricordano l'impegno che hai preso, una promessa che hai fatto, un percorso che hai iniziato e che prima o poi, per coerenza, dovrai concludere.

Impegno e coerenza nel web marketing.

All’iscrizione a una newsletter o a un portale, a un like su Facebook, all’aggiunta di un prodotto al carrello non diamo molto peso: lo facciamo spesso e senza renderci conto che la nostra mente è guidata anche dalla parte irrazionale del nostro cervello. Siamo tutti vittime, infatti, di una coerenza che ci spinge verso la meta senza tornare indietro.

persuasione

Esempio: analizziamo un banalissimo comportamento su Facebook in tre fasi. Un utente che abbiamo tra gli amici ma che conosciamo poco ci invita a mettere un like: è molto probabile che ne rimarremmo indifferenti. Ci invita un amico, vero, e già prendiamo in considerazione la richiesta. La probabilità di accettare diventa altissima se la richiesta è accompagnata da un messaggio personale che ti invita a farlo perché non ce ne pentiremmo.

[tweetthis]Anche la richiesta di un like su Facebook va fatta nel modo giusto![/tweetthis]

E se volessimo contrastare la coerenza in nome del cambiamento?

Un modo per contrastare la coerenza esiste.
Perché farlo? Per smuovere un’attività impantanata nelle logiche del passato, ad esempio.
Mi è capitato di lavorare per un grande imprenditore (vecchia maniera) che, quando gli ho parlato di web marketing, mi disse “no, meglio l’invito con la scritta dorata”.
Adoro la carta, non la eliminerei per nulla al mondo, ma i tempi sono cambiati e per fare pubblicità c’è ben altro.

Come fare per avvalorare la tua proposta con chi proprio non ne vuole sapere?

  1. Digli che condividi la sua idea.
  2. Specifica che a suo tempo era corretta.
  3. Modificala con cautela adattandola al nostro tempo.
  4. Esprimi la tua idea senza mai negare la sua.

Sei o hai:il verbo che fa la differenza.

“Hai partecipato il 15 novembre alla nostra conferenza, ora vogliamo sapere la tua opinione: compila il questionario!”
“Sei stato parte con noi di una grande esperienza, un evento per cui abbiamo lavorato sodo e che vogliamo migliorare per le prossime occasioni anche grazie a te. Per questo la tua opinione è importante: compila il questionario!”

Quale dei due questionari compileresti più volentieri?
Come gli altri, anche il principio della coerenza ha bisogno di un aggancio e questo può essere un esempio. “Hai” è più distaccato, “sei” è più coinvolgente.
N.B. Attenzione, nel bel mezzo del processo di vendita vale il contrario! Con il verbo essere etichetti il tuo potenziale cliente, che per cambiare deve modificare sé stesso, le sue abitudini o il suo stile. Il verbo avere, invece, dà all’utente la sensazione di avere qualcosa che può togliersi.

“Sei in sovrappeso e vuoi dimagrire?”
“Hai qualche chilo in più che vuoi perdere?”

Ci siamo.

Tu guarda cosa la parte irrazionale del cervello può farci fare!
E non è finita.
Continuerò a parlarti di persuasione nei prossimi articoli.

Ah, ora che conosci il secondo principio, quello della coerenza, devi assolutamente leggere il primo, sulla reciprocità!

Come sfruttare nella vendita il nostro bisogno di essere coerenti - Webhouse.

Passione, ambizione, persistenza, coraggio. Intervista ad Alessio Semoli

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Ho la fortuna di collaborare da qualche tempo con Alessio Semoli, per una delle sue società - Prana Ventures - e, nonostante questo, non è stato facile rubare quindici minuti del suo tempo e farmi concedere quest’intervista.

Innovatore, imprenditore, venture capitalist, speaker, professore
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Università IULM di Milano e docente alla Business School de Il Sole24 Ore.  A 37 anni Alessio ha già una storia professionale invidiabile e nessuna voglia di fermarsi. Conoscendolo di persona ho realizzato che troppo spesso è la paura che non permette di realizzare i propri sogni e che, senza un pizzico di sfrontatezza e coraggio, le tanto agognate aspirazioni personali rimarranno per sempre chiuse in un cassetto della nostra psiche. Sicuramente è stato per me, e lo è tutti i giorni, una fonte d’ispirazione. Un esempio per chi ha delle ambizioni da realizzare, non solo nel campo del digital marketing o dell’imprenditoria, ma anche per chi, prima di mettersi in gioco, ha la tendenza di aspettare sempre troppo a lungo il momento giusto. Ho deciso così di offrire ai lettori di WebHouse alcuni validi spunti per avviare o proseguire nel migliore dei modi il proprio percorso professionale.

1. Per iniziare, parlaci un po’ di te. Quando nasce la tua passione per il mondo del digital? E quando hai iniziato a pensare che potesse diventare il tuo vero lavoro?

Ho avuto la fortuna di cominciare da giovanissimo nel 1997, quando, anziché andare a scuola, mi divertivo a fare i primi siti internet per i campeggi, i ristoranti e gli hotel della mia zona (ndr: provincia di Livorno). Da subito ho visto la grande potenzialità del mondo digitale, nonostante a quei tempi le connessioni a internet erano ancora molto lente e costose. Sin da allora ho intuito che poteva diventare il lavoro del mio futuro. Non perché avevo avuto una visione ma, semplicemente, dentro di me iniziai a sentire quelle “farfalle allo stomaco”, un po’ come accade quando si è innamorati. Da quelle primissime esperienze ho percepito crescere dentro di me la passione per quello che facevo e capii subito che sarebbe stato ciò che avrei fatto nella mia vita. La cosa che mi ha sempre affascinato è la connessione con il tutto, il non sentirmi limitato al luogo in cui vivevo ma, anzi, essere connesso con il mondo intero.

2. Cosa consigli ai giovanissimi che sognano di intraprendere un percorso lavorativo nel settore del web e del digital marketing: molta teoria o tanta pratica?

Ovviamente tanta pratica. Credo che il sistema d’educazione tradizionale sia sbagliato perché apprendiamo in un modo che non è utile rispetto a come sta funzionando il mondo attuale. Penso che dovremmo comprendere le cose con un approccio più pratico, modalità che permetterebbe di interiorizzare e comprendere fino in fondo i concetti. Con la teoria non si va molto lontano. Mi ritengo una persona dotata di molto senso critico - positivo - e mi piace mettere in discussione tutto quello che vedo: la mera teoria e il semplice fatto che viene tramandato il “come si fa una cosa” non mi basta. Devo sempre mettere in discussione tutto, testare, provare e solo in seguito farmi un’idea personale.

3. Di tutti i progetti che hai realizzato e seguito nella tua carriera, qual è quello per cui provi più soddisfazione e perché?

Una bella domanda alla quale però non so rispondere - ride. Ogni progetto che ho fatto in realtà mi ha dato grandi soddisfazioni, sia nel bene che nel male. Credo che oggi siamo la somma delle nostre esperienze. Dato che sono una persona che pretende molto da se stessa, non mi sento ancora pienamente soddisfatto. Ci sono alcuni progetti su cui sto lavorando che vanno aldilà del business ma che si occuperanno di formazione per bambini e ragazzi, ossia le nuove generazioni che presto dovranno guidare questo pianeta e portare avanti i propri valori per un mondo migliore. Credo che sia proprio questo il progetto che mi darà maggiore soddisfazione. Un progetto nel quale credo molto.

Alessio Semoli Venture Capitalist

4. Facendo lo speaker in molti eventi nazionali di settore e facendo il professore presso alcune università, incontri molti giovani e startupper. Cosa ne pensi dei giovani che oggi vogliono affacciarsi nel mondo del digital o che stanno per avviare il loro primo progetto imprenditoriale? Qualche suggerimento per evitare di incorrere in errori da “principianti”.

I giovani oggi hanno una grande opportunità nel settore del digitale e possono sfruttare questa leva, senza però sottovalutarlo. Far business in questo settore globalizzato, dove ci sono player strutturati, non solo nazionali ma anche internazionali, richiede molto impegno, determinazione e voglia di migliorarsi costantemente. Spesso mi capita di incontrare giovani startupper che in realtà stanno seguendo soltanto una moda e non hanno capito che "startup" equivale ad "azienda", ovvero un duro lavoro per far funzionare le cose. Non basta fare un bel prodotto; se non si è bravi a comunicare, riflettere sui pro e i contro e gestire le varie facce di un progetto imprenditoriale, nessuno comprerà mai quel prodotto e l’unica consapevolezza del valore di quel progetto rimarrà a chi l’ha pensato.

5. 5 step essenziali per chi vuole avviare un business online.

  1. Lavora sulla tua idea di business, rispondendo alla domanda: quale problema stai risolvendo?
  2. Crea un team che sia in grado di sviluppare il tuo progetto.
  3. Crea un prototipo leggero che ti permetta in poco tempo e pochi costi di validare il tuo modello e capire se sul mercato può riscontrare interesse.
  4. Acquisisci i primi clienti il prima possibile: ti saranno utili non solo per fatturare e incassare i primi soldi, ma per avere un feedback chiaro del problema che pensi di risolvere con la tua idea di business.
  5. Investi in advertising una volta che il tuo modello funziona, incrementa i numeri: hai bisogno di massa critica.

6. Torniamo a parlare di te. Attualmente di quali progetti ti stai occupando?

Come Prana Ventures stiamo lavorando sempre più nel strutturare nuovi fondi di investimento per accelerare le scale-up, ovvero quelle aziende che già hanno un fatturato e hanno bisogno di accelerare il loro business . Personalmente invece sto lavorando su alcuni progetti nel mondo della formazione, non solo per i bambini ma anche per chi fa impresa. Trovo che ci sia un gap formativo nel settore digitale.

alessio semoli

 7. Sta per uscire il tuo quinto libro, il volume edito da Hoepli “Digital Analytics - Prendi il controllo del tuo business online”. Qualche anticipazione sulle novità che troveremo all’interno?

Il libro è la terza edizione dedicata alla Digital Analytics. Quest’ultimo volume è stato completamente riscritto perché aveva bisogno di un aggiornamento molto importante visto che il mercato è cambiato completamente negli ultimi anni. Un libro utile a coloro che vogliono avere il controllo dei dati, attraverso strumenti di analytics. Spiega passo passo come muoversi per il tracciamento, l’analisi e insegna come, con facilità, prendere in esame quei dati che realmente servono ai fini di un incremento delle attività di business.

8. Così come abbiamo iniziato, finiamo con una domanda più personale. Sei giovane ma hai già realizzato molto nella tua vita, sia professionalmente che umanamente (ndr: Alessio è felicemente sposato e ha 5 figli). Qual è il tuo segreto?

Non esistono segreti particolari, credo che la vita vada vissuta al 100%. Siamo qua per poco tempo ed è importante sperimentare e fare qualcosa che lasci un segno positivo del nostro passaggio sulla terra. Per questo credo che sia importante vivere felici e goderci il presente, nonostante vi sia la possibilità di incontrare delle tempeste che a volte inevitabilmente arrivano, ma che servono per metterci alla prova, per migliorarci e per farci diventare più forti. Di fatto siamo qua per imparare e se non ci fossero momenti difficili forse non impareremmo così tanto. Infine non mi sento mai arrivato, anzi, credo che potrò fare sempre molto di più. Studio costantemente come migliorarmi, quindi questo mi rende vivo e di conseguenza felice.

Grazie Alessio per aver condiviso con me e con i lettori di WebHouse un po' del tuo entusiasmo, della tua esperienza e delle tue idee.

Beh, io ti avevo avvertito caro lettore! Sono quasi certa che adesso ti alzerai da quella sedia e che il prossimo passo che farai sarà nella direzione giusta, quella verso la realizzazione delle tue ambizioni. In bocca al lupo! Se hai altre domande da fare ad Alessio Semoli, commenta pure qua sotto. Sarò felice di condividere i tuoi quesiti con lui e di risponderti quanto prima.

Passione, ambizione, persistenza, coraggio. Intervista ad Alessio Semoli - Webhouse.

Sicuro che l’informatica non sia un mondo per donne?

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grace hopper informatica

Donne Digital.
Donne e informatica.
Donne e tecnologia.
Donne, numeri e programmazione.
No, non sto delirando.

Sono molte le persone che pensano ancora che l’informatica, il mondo del digitale o più in generale la tecnologia, non siano “questioni” da correlare al genere femminile. Proprio nei giorni in cui si celebra la Festa della Donna son felice di poter argomentare il contrario, ovvero che sono molte le donne che hanno fatto (e ancora stanno scrivendo) la storia dell’informatica e della tecnologia.

Attenzione! L’obiettivo di questo post non è quello di fare del femminismo spiccio, né tantomeno sottolineare il maschilismo che sembra aleggiare non solo in certi tipi di settori, ma evidenziare le varie opportunità, iniziative ed eventi dedicati al digital e alle donne, visto che di queste stiamo parlando.

Capita troppo spesso, dicevo, di imbattersi in persone che hanno la convinta percezione che le donne proprio non siano portate a svolgere determinati mestieri. E tale questione fa ancora più indignare se a immaginarsi prettamente maschile il grande mondo dell’informatica sono proprio quelle persone che vi lavorano all’interno. Capita anche che certi personaggi, talvolta, nelle occasioni in cui si trovano davanti a una donna, magari giovane e di conseguenza (ovvio!) inesperta in tal campo, assumano delle espressioni che si vanno pian piano a tramutare in ghigni che vagamente ricordano, tanto per citarne uno famoso, quello di Leonardo DiCaprio in questa immagine tratta da The Wolf of Wall Street.

[caption id="attachment_35063" align="aligncenter" width="612"]Leonardo DiCaprio donne e digital Leonardo DiCaprio - The Wolf of Wall Street[/caption]

Mai si sbagliaron così tanto.
Ecco perché.

Alcune delle donne che più hanno influenzato il mondo dell’informatica

Vi è una mente femminile dietro le basi concettuali della programmazione. Sto parlando di Ada Lovelace, la madre dell’ informatica. Fu lei a creare il primo algoritmo oggi riconosciuto come primo programma informatico della storia. Charles Babbage, con il quale Ada Lovelace collaborò, conosciuto nel mondo dell’informatica grazie all’invenzione della macchina differenziale e della macchina analitica, era solito chiamarla “Incantatrice di numeri”.

[caption id="attachment_35064" align="aligncenter" width="1000"]Augusta Ada Byron Augusta Ada Byron, meglio conosciuta come Ada Lovelace, madre dell'informatica.[/caption]

Alan Turing invece, considerato il padre della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale, dichiarò che prese ispirazione proprio dall’eccellente lavoro di Ada per arrivare a costruire quello che oggi è considerato il primo computer moderno, la Macchina di Turing. Il linguaggio di programmazione Ada, sviluppato verso la fine degli anni '70, è così chiamato in suo onore.

Grace Murray Hopper è considerata la regina del codice. Fu la prima ad aver pensato e realizzato un linguaggio di programmazione indipendente dalla macchina - il COBOL - nonché colei che coniò il termine bug e teorizzò il debugging - ovvero l’eliminazione di bug - errori - informatici grazie ad analisi continue e periodiche del codice sorgente del programma.

[caption id="attachment_35066" align="aligncenter" width="1018"]Grace Hopper Grace Murray Hopper, pioniera della programmazione informatica.[/caption]

Addirittura, nel 1969 l’Associazione americana dei professionisti dell’informatica conferì a lei il prestigioso riconoscimento di “uomo dell’anno”. Sì, hai capito bene.

Lei stessa dichiarò che:

“Le donne finiscono per essere davvero delle brave programmatrici per una ragione in particolare. Sono abituate a portare a termine le cose, mentre gli uomini non lo fanno molto spesso.”

Si deve invece a Hedy Lamarr l'elaborazione del concetto del salto di frequenza, ovvero l’invio di uno stesso segnale radio su frequenze differenti. Oggi questo metodo, il frequency-hopping spread spectrum,  sta nientemeno che alla base della tecnologia wireless.

[caption id="attachment_35067" align="aligncenter" width="977"]Hedy Lamarr Hedy Lamarr, splendida attrice ed inventrice del wireless.[/caption]

Invenzione, tra l'altro, che le è stata riconosciuta soltanto nel 1997, anno in cui finalmente ricevette il premio Pioneer Award by the Electronic Frontier Foundation, appena tre anni prima della sua scomparsa.

Nello stesso anno in cui veniva premiata Grace Murray Hopper, nel 1969, Anita Borg inizia a lavorare come programmatrice. La sua figura femminile è conosciuta per aver ispirato e motivato milioni di donne ad avvicinarsi al mondo della tecnologia e dell’informatica, e anzi, a ricoprire ruoli attivi e di leader proprio in questo campo. Una vita dedicata all’abbattimento delle barriere sociali e alla parità di diritti. Fondò l’Institute for Women and Technology e la Grace Hopper Celebration of Women in Computing. Google la celebra chiamando col suo nome la Borsa di Studio rivolta alle donne nel campo dell’informatica.

Mi fermo qui e ce ne sarebbero ancora altre da citare. Ma sono piuttosto sicura che se prima pensavi che la programmazione, l’informatica o la tecnologia fossero “robe da uomini”, e adesso hai cambiato idea. :)

Iniziative ed eventi dedicati alle donne e all’informatica

  • RosaDigitale, il movimento italiano per le pari opportunità nell’ambito della tecnologia e dell’informatica, si impegna per sette giorni -  dal 7 al 13 Marzo 2017 - attraverso lo svolgimento di una serie di eventi denominati petali di rosa, in una battaglia che mira ad annientare il divario di genere in ambito tecnologico e informatico. Lo fa attraverso la creazione di eventi e workshop rivolti a donne, uomini, bambini, professionisti o aspiranti tali.
    Non è un caso che il motto del movimento sia
    “La conquista è informazione”.
  • Django Girls è un’organizzazione no profit che organizza in tutto il mondo eventi e workshop dedicati alle donne e alla programmazione. Durante gli eventi, che dal 2014 a oggi sono stati 347 grazie all’aiuto di 747 volontari, le donne partecipanti al corso realizzano la loro prima applicazione usando codici di programmazione Html, CSS, Python e Django. Attraverso il sito ufficiale di Django Girls è possibile impegnarsi per portare uno di questi fantastici workshop nella propria città.

    [caption id="attachment_35069" align="aligncenter" width="500"]django girl work Una fotografia scattata durante uno dei 347 workshop di programmazione organizzati da Django Girls.[/caption]

  • L' EWMD - European Women’s Managment Development organizza Donne digitali, una giornata di workshop, incontri e scambi dedicati alle donne e alla loro formazione e professionalizzazione nel campo del digitale. Quando? Il 17 Settembre 2017 - segnati la data!
  • L’8 marzo, l’Associazione Italian Digital Revolution presenta a Roma il Convegno DIGITAL WOMEN, presso la Biblioteca della Camera dei Deputati. Una conferenza sul ruolo della donna nel mondo del digital e sulle pari opportunità.
  • Donna moderna, in collaborazione con Casa Facile e Sale e Pepe, mette a disposizione la propria competenza e conoscenza sul mondo femminile e ha pensato di creare Digital School, una piattaforma dedicata alla formazione online - sulla quale è possibile scegliere il proprio corso preferito da seguire anche in aula - dedicato a tutte quelle persone che vogliono migliorare la propria comunicazione digitale, nello specifico sugli aspetti che riguardano il content management e i social media.

Chiudo col dire che LinkedIn ha da qualche settimana pubblicato la ricerca Talent Trends, sondaggio che evidenzia come, facendo riferimento agli ambiti STEM - Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica, solo il 23% dei talenti del settore, su scala globale, fa parte del mondo femminile.

Un altro dato interessante emerso dallo stesso sondaggio riguarda il fatto che, quando una donna cambia lavoro e arriva alla nuova posizione, tende a guadagnare solo il 10% in più rispetto alla posizione precedente, al contrario degli uomini che, nelle stesse condizioni, arrivano a guadagnare almeno il 30% in più.
Che sia per la nostra poca capacità di contrattare o per la percezione distorta delle aziende nel sottovalutare l’importanza dell'aspetto economico quando si tratta del genere femminile, una cosa è certa, caro lettore/lettrice: siamo donne e sì, oltre le gambe c’è di più. 
Dobbiamo, tutti assieme, avere la forza di metterlo in testa a quelle persone che a volte alludono al contrario.

Al di là di ogni fatto o giudizio, cara lettrice, impegnati nella realizzazione dei tuoi sogni e nel raggiungere i tuoi obiettivi, con costanza, fino al successo.

Sicuro che l’informatica non sia un mondo per donne? - Webhouse.

Competenze digitali: la sfida della startup Tinkidoo

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tinkidoo

Ho il piacere di collaborare da qualche mese con Tinkidoo, start up tutta al femminile che si occupa di diffondere le competenze digitali e una “sana” cultura digitale in Italia. Ho realizzato questa intervista con Sonia China, CEO e founder, il giorno dopo il lancio di una campagna di crowdfunding su Eppela per parlare proprio di questo: siamo pronti, in Italia, a partecipare alla riuscita di progetti così innovativi?

Sonia, la campagna di crowdfunding su Eppela a cosa mira?

La campagna mira a raccogliere i fondi necessari per sviluppare la prima community dedicata agli smart toys e allo sviluppo delle competenze digitali. Riteniamo che lavorare su queste competenze, dal coding al pensiero computazionale, sia fondamentale in questo momento storico. Altrettanto importante è proporre nuovi modelli educativi che passino per il gioco e i giocattoli digitali.

Un approccio già diffuso e ampiamente supportato in altri Paesi come gli USA e quelli del nord Europa, e inserito a pieno titolo ad esempio nel modello educativo  Finlandese, ma che in Italia stenta a decollare. Il crowdfunding ci aiuta nella diffusione di questo tipo di cultura.

Esiste una falsa convinzione: che i nativi digitali siano esperti di tecnologia. Purtroppo ne sono solo consumatori passivi, ne sono circondati. Tinkidoo nasce per trasformare questo rapporto e consentire loro di acquisire competenze che saranno fondamentali per il futuro.

Chi sono, quindi, le persone interessate ai prodotti e servizi di Tinkidoo?

Tinkidoo si rivolge agli educatori in senso molto ampio. Oggi si apprende non solo nel contesto scolastico, ma anche nelle ludoteche, nei musei, nelle gallerie d’arte, nei centri di divulgazione scientifica e a casa, con mamma e papà. Noi abbiamo pensato a servizi e prodotti che possano andare incontro alle diverse esigenze.

Sonia, gli smart toys si stanno diffondendo sempre di più nelle case degli italiani, ma ancora troppo poco nelle scuole. Cosa sta succedendo?

I numeri ci dicono che quest’anno verranno acquistati circa 8 milioni di smart toys e 420 milioni nel 2021. I dati sono globali, certo, ma raccontano che presto lo strumento si diffonderà abbastanza per diventare un abilitatore di altri servizi. E noi li avremo già immaginati. Inoltre, come accaduto per esempio nel mercato dell’e-learning, l’evoluzione e il cambiamento del mercato avverranno quando gli smart  toys saranno nelle case, nelle scuole, nei musei e in tutti i luoghi in cui oggi si fa intrattenimento con i bambini. Lo stare insieme di qualità, che ormai diventa fondamentale per i genitori che hanno sempre meno tempo a disposizione, passa per nuovi approcci educativi. Tinkidoo ne è l’esempio.


Raccontaci brevemente come sei arrivata fino a questo punto?

Il mio lavoro è da sempre la comunicazione, la mia passione invece è l’innovazione. Ai bambini ci arrivo con un DNA familiare visto che mia madre è insegnante di sostegno e da sempre ho (anzi abbiamo io e Loredana, mia sorella e socia co-fondatrice) imparato facendo.

Tutto è nato in H-farm. Lavoravo nella digital Agency exit H-art e ho potuto vedere l’innovazione diffondersi velocemente attorno a me. Poi l’acquisto del primo prototipo di giocattolo e l’immediata convinzione che il gioco tangibile potesse cambiare il modo in cui i bambini imparano a essere creativi con il digitale. Poi la sperimentazione, il supporto di tanti: dai miei ex referenti di progetto in TIM, fino a Gianluca Dettori, che per primo demolì e poi mi aiutò a ricostruire l’idea di Tinkidoo. Ed è con Gianluca e con Primomiglio che stiamo scommettendo sulla sfida della crescita accelerata di Tinkidoo.

Quali sono ora i traguardi di innovazione che Tinkidoo vuole raggiungere?

Quello che facciamo è scegliere i prodotti migliori sul mercato, costruire attorno a questi prodotti servizi, contenuti, attività e formare la community di genitori ed educatori a supporto delle attività. Ma è solo l’inizio. Siamo pronti a testare il nostro primo toy già brevettato con il Politecnico di Milano e preparare la fase 2 di Tinkidoo. Abbiamo in road map un sistema intelligente per raccogliere tutti i Big Data su quella che definiamo la sfida del Play analytics: come, quanto e cosa davvero apprendono i bambini usando gli Smart Toys.

Torniamo alla campagna su Eppela, quali consigli daresti a una start up che vuole lanciare una campagna di crowdfunding?

Il mio consiglio è di costruirsi una rete di valore, formata da persone che credono nel progetto prima ancora che nei prodotti, di persone pronte a metterci la faccia. Chi condivide è sempre più importante di quanto dona. Relazione, fiducia, coinvolgimento sono le parole chiave per una campagna di successo. Infine scegliere il giusto partner: Eppela e Poste lo sono per noi in questa campagna.

Competenze digitali: la sfida della startup Tinkidoo - Webhouse.

Ritorno al futuro: alla scoperta del Push Pin Studio

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Ma perché è tutto così pesante per voi del futuro? Avete problemi con la forza di gravità?

Nello scorso viaggio abbiamo fatto un bel salto indietro nel tempo, fino agli inizi del '900, quando dopo la Rivoluzione Industriale e la diffusione della produzione di massa si è iniziato a sentire il bisogno di uno strumento che aiutasse a esprimere e comunicare nuove idee.

Siamo quindi andati un po’ alle origini della grafica pubblicitaria e della comunicazione visiva.

Oggi facciamo invece un salto in avanti, abbiamo visto in un precedente articolo come negli anni '50 ebbe origine lo Swiss Style, che può essere considerato il più importante stile di progettazione grafica del XX secolo e che si diffuse in tutto il mondo.

Ma cosa è successo dopo?

Tempo di destinazione anni ’60: il Push Pin Studio

Negli anni ’60 alcuni giovani artisti iniziano a percepire quello stile come noioso e prevedibile, troppo rigido nelle sue griglie di impaginazione e avviano un rinnovamento stilistico.

A New York Milton Glaser, Seymour Chwast, Reynold Ruffins e Edward Sorel, neolaureati alla Cooper Union, fondano nel 1954 il Push Pin Studio, un consorzio di grafici e illustratori, e per le loro realizzazioni s’ispirano all’arte commerciale e alla pop-art.

[caption id="attachment_35218" align="aligncenter" width="550"] Progettisti del Push Pin Studio[/caption]

Per promuovere la loro attività realizzano e spediscono a tutte le agenzie un Almanac, con oroscopi e consigli quotidiani che tre anni dopo, si trasforma nel Push Pin Monthly Graphic.

[caption id="attachment_35219" align="aligncenter" width="550"] Opere realizzate dal Poster Push Pin Studio[/caption]

Questa pubblicazione, nata a scopo promozionale, trattava anche tematiche sociali e politiche e permette allo studio di presentare i propri lavori di ricerca e di sperimentare, in libertà, tecniche e stili nuovi.

Linee guida del Push Pin Studio

Sebbene lo studio sia caratterizzato dalla presenza di diversi professionisti, ciascuno con il proprio stile, la grafica del Push Pin Studio presenta degli elementi ricorrenti.

Come già accennato essi scelgono di staccarsi dal razionalismo dello Swiss Style e di ispirarsi alle correnti artistiche dell’epoca, ma reintroducendo anche elementi del passato: del manierismo vittoriano, dell'Art Noveau e dell'Art Decò, dando vita a uno stile fresco e innovativo.

I progettisti vanno oltre la semplice illustrazione spingendosi verso una grafica figurativa dove il testo si integra con l’immagine fino a diventare immagine stessa e che fa spesso leva sull'ironia.

Le loro opere grafiche ottengono immediatamente un grande successo in fatto di distribuzione e ricezione visuale ma, a differenza dello Swiss Style, il movimento rimane comunque limitato e non si diffonde a livello internazionale, probabilmente per l’impossibilità di applicarlo a tutte le tipologie di prodotti grafici.

Tuttavia riscuote molto successo nel settore editoriale, in modo particolare nelle copertine dei dischi e dei manifesti.

Un esempio molto famoso è il poster di Bob Dylan realizzato da Milton Glaser nel 1966 che venne diffuso in oltre 6 milioni di copie.

[caption id="attachment_35216" align="aligncenter" width="400"] Poster di Bob Dylan realizzato da Milton Glaser nel 1966[/caption]

Il Push Pin Studio ha realizzato anche il prestigioso marchio “I Love NY”, creato nel 1976 e commissionato dal Department of Commerce di New York per promuovere il turismo, che è oggi riprodotto su un'infinità di poster, gadget e capi d'abbigliamento che rappresenta uno dei simboli della città di New York.

[caption id="attachment_35217" align="aligncenter" width="516"] Il marchio “I Love NY” è stato creato dal Push Pin Studio nel 1976[/caption]

Ritorno al Futuro: il Push Pin Studio oggi

Il Push Pin Studio per tre decenni costituì un vero e proprio fenomeno nel panorama della cultura visiva, influenzando giovanissimi designer degli anni ’60. Sarà arrivato fino ai giorni nostri?

[caption id="attachment_35220" align="aligncenter" width="600"] Questo progetto per la copertina e il packaging di un CD dei Beatles, realizzato dalla designer Cherie Allan, si ispira allo stile del Push Pin Studio.[/caption]

 

[caption id="attachment_35223" align="aligncenter" width="605"] Designerds è un giornale creato all'interno di una facoltà di Graphic Design che come il Push Pin Graphic ha lo scopo di permettere ai designer di sperimentare. Ogni pagina è pensata come se fosse un poster e lo stile ha degli elementi comuni al Push Pin Studio.[/caption]

[caption id="attachment_35224" align="aligncenter" width="800"] Questa edizione speciale degli orologi CITIZEN è un tributo al lavoro di Milton Glaser.[/caption]

[caption id="attachment_35227" align="aligncenter" width="600"] Questo poster, realizzato da una studentessa come compito per il Maritime Conservatory of Performing Arts, riprende lo stile di Milton Glaser.[/caption]

 

[caption id="attachment_35225" align="aligncenter" width="600"] Anche questo progetto per ridisegnare il packaging di un CD dei Beatles presenta uno stile influenzato da quello del Push Pin Studio.[/caption]

 

Conclusioni

Anche oggi abbiamo fatto un bel viaggio che ci ha portato a scoprire un altro movimento importante della Storia del Design Grafico.

Dove ci porterà la prossima volta la Delorean?

Un momento, cosa stai facendo, Doc?
Ho bisogno di carburante! Andiamo, su, entra in macchina!

Ritorno al futuro: alla scoperta del Push Pin Studio - Webhouse.

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